FATTI, PERSONE ED IDEE 77 ■guida di capitani valenti ed illumina-ti il movimento irredentista nell’I-k stria e come tale movimento avesse I saputo fin dagli inizi fare tesoro delle migliori attitudini necessarie per • superare i peggiori ostacoli e per “'^vincere le più aspre battaglie. Ed a ■questo tenace, inflessibile e consapevole movimento, che a tutto si adagiò ‘ prima che a transigere ed a cedere d’un solo palmo di terreno e che mai conobbe soste, nè mai palesò debolezze, doveva essere recato il trionfo come un frutto di sicura attesa e già maturo. Vincenzo Marussi Iristano e Adriano Alterti scultori Due fratelli innamorati del levare e dell’aggiungere per ottenere rilievi volumi caratteri. Due ottimi plasticatori. Per ora stanno ancora cercando la via: ma l’orientamento c’è già e sicuro. Al primo vedere le loro opere, non è facile distinguere l’uno dall’altro. Uno agisce sulla sensibilità dell’altro: ne son causa l’età non molto distante dei due, il temperamento, la passione, gli studi, la pratica, il laboratorio comuni. Tuttavia a guardar bene troveremo che il maggiore, Tristano, ha maggior tendenza a idealizzare il modello, a dargli forma composta venusta, a riattaccarlo alle nobili famiglie delle forme consacrate. Più realista invece il minore, Adriano, più portato ad esaltare la linea, il piano, la sagoma dell’originale, a volerne indagare il secreto nella maschera fisica e nello spirito cli’essa traduce. Due giovani che vogliono e sanno concretare, e che è giusto e non senza vantaggio seguire. In fondo due autodidatti. Anche se non poco frutto abbiano tratto da un breve ma vivace tirocinio presso un giovane che possiamo ormai salutare maestro: Marcello Mascherini. Certo sono di un temperamento e su una direttiva molto lontana da lui. -Mascherini del reale e del realistico si serve come pedana da superare d’un gran salto verso il simbolo e la sintesi densa e aerea insieme. I due Alberti invece — con tendenza più idealistica nell’uno, concreta e incisiva nell’altro, come s’è detto — voglion essere e sanno spesso essere interpreti della pura e solida realtà. La realtà umana, anzitutto. La figura nostra e la nostra anima: questo è il loro costante proposito. Sono, dunque, due ritrattisti tenaci e capaci. Che abbiano raggiunte tutte le loro possibilità, che i loro ritratti siano opere definitive non direi. Anche senza scuola, l’autodidatta è per parecchio tempo scolastico. Occorre pure imparare il mestiere. E tuttavia non possiamo chiamare semplici imparaticci quanto finora hanno prodotto. Ecco di Tristano, ad esempio, «Sergio Laghi», «Soldato morto», «Giglio-la», «Natalino», «Mio fratello». «Soldato morto» è buona cosa dimostrante pezzi di ottima fattura. Tuttavia l’interezza della figura, e l’unità formale non sono ancora padroneggiate dal giovane scultore. Ma «Gigliola» è già cosa viva, segnata con vigore e con intuizione felice. Così se un po’ caricata e manierata è la plastica di Sergio Laghi (qui Tristano mi sembra riecheggiare un po’ A-driano), resta nondimeno questo busto sicura prova della capacità di cogliere le linee essenziali d’un volto e d’un carattere. A più pensosa e riposata costruzione risponde la testa di «Mio fratello» : e su questa via mi sembra che Tristano trovi la parte migliore di sè. Parallela a quest’opera è l’omonima di Adriano, che riprende la calma saggia e redditizia del maggiore compagno d’arte pur riescendo a più aderente concezione. Ma se i meriti nelle due opere tendono ad