272 BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO ramente una gioia il trovare — fra i tanti che si preoccupano dell’esteriorità, fra i tanti che credono che per fare l’educatore fascista tutto si risolva nel pronunciare il nome del Duce ad ogni piè sospinto e nel far disegnare un fascio littorio in ogni pagina di quaderno — uno il quale affermi senz’altro che si può far opera fascista anche senza parlar di fascismo. E noi crediamo che, fra gli educatori che si dicono fascisti, solo quelli che sanno veramente far opera fascista anche senza parlar di fascismo, solo quelli che quando fanno la commemorazione non sentono per nulla di far della scuola fascista più di quanto la facciano nell’ora di storia, di geografìa, di lingua, di scienze o.di ginnastica, sono educatori fascisti in modo integrale. Giuliano Gaeta LEONE VERONESE, Vicende e figure dell’irredentismo giuliano, Trieste, Tipografa triestina editrice, 1938-XVII, pp. 270 (L. 20). Augusto Sandonà, nella sua voluminosa opera dedicata alla storia dell’irredentismo e da noi ultimamente recensita («Porta Orientale», IX, 170 sgg.), cita più d’una volta anche le pubblicazioni di Leone Veronese, le quali servono effettivamente a integrare le nostre cognizioni in questo capitolo delle vicende giuliane che riguarda tanto da vicino le cause della guerra mondiale e le origini del movimento fascista. Il Veronese, ben noto ai nostri lettori per la collaborazione di cui ci onora e per altre recensioni qui fatte a’ suoi lavori («Porta Orientale», III, 78 sgg.), ci presenta quattro gruppi di scritti suoi: uno prende le mosse dai «prodromi dell’irredentismo» e ci illustra l’attività delle associazioni e comitati segreti di Trieste, risalendo al 1868, quando cioè, dopo le terribili delusioni del 1866, gl’irredenti capirono che dovevano provvedere ai loro casi da soli e cominciarono ad organizzare la resistenza passiva all’invisa dominazione austriaca; il secondo ci narra la fondazione del «Circolo Garibaldi pro Italia irredenta» e gli avvenimenti del «tragico 1882» (l’anno di Guglielmo Oberdan); il terzo è una serie di «episodi», che vanno dalla morte dell’Oberdan fino alla guerra mondiale, quando tutto questo ostinato, esasperato lavorio di preparazione trova finalmente il coronamento del successo nella compiuta redenzione; il quarto ed ultimo gruppo raccoglie alcuni «medaglioni», cioè figure di uomini politici e di combattenti che diedero alla causa dell’irredentismo tutti sè stessi, anche se non nati fuori dei confini ufficiali del Begno d’Italia, (Matteo Renato Imbriani, Eug. Popovich d’An-geli, Gius. Manzani, Edoardo Veneziani; nati a Trieste i tre ultimi, ma napoletano il primo). La storia della nostra regione nell’ultima epoca dell’irredentismo (dal 1866 al 1918, e forse dal 1848) assume due aspetti: di storia esteriore, quella della grande massa che bada a risolvere i problemi della esistenza cotidiana (vivere per vivere), che non pensa a ribellarsi, che accetta le «cose compiute» e ne subisce le conseguenze, e di storia interiore, quella della minoranza, che non s’adatta e reagisce e protesta e tenta di cambiare o addirittura di capovolgere la situazione accettata dai più rassegnatamente (o magari anche coscientemente, perchè anche la massa hr le sue correnti, in certi periodi, dirette da minoranze, sia in buonafede, cioè con convinzione politica di natura ideale, sia in malafede, cioè con l’intenzione di cavarne soltanto, demago-