— 13 — grano saraceno, la segala, la patata, 1’ orzo, il frumento, le ortaglie ed i foraggi. In prossimità della città sono abbastanza estesi 1’ orticultura, la floricoltura ed il giardinaggio. La praticoltura, importante per 1’ allevamento del bestiame, va estendendosi di anno in anno. Furono istituiti dei premi annuali per incitare i contadini a ridurre a prato il terreno incolto e si può calcolare che, in media, annualmente si riducono a prato circa 150.000 mq. di Carso. Sforzi notevoli sono fatti per imboschire il Carso ; se, come si può sperare, si rie-scirà un giorno a coprire di verdi boschi le deserte e brulle lande carsiche se ne trarrà un notevole vantaggio inquantochè gli alberi fisseranno, con le loro radici, la terra vegetale sulle roccie, rendendo cosi possibile 1’ estensione delle colture ed inoltre daranno larga messe di spoglie atte a produrre, in pochi anni, uno strato notevole di terra vegetale e prepareranno così il terreno a future piantagioni. Senza contare poi che i boschi mantengono un’ umidità più grande nell’ ambiente, e, come sembra dimostrato, aumentano la quantità delle precipitazioni. Ma si può facilmente comprendere quali sforzi enormi devono sopportare coloro che a quest’ opera gigantesca s’ accinsero, quali difficoltà e quanti ostacoli debbano superare. Basta pensare al fatto che il sistema delle seminagioni non diede buoni risultati e che quindi si ricorre all’allevamento delle piantine in appositi vivai, dai quali, all’età di due anni, vengono tolte per essere trapiantate in buche apposite (formelle) nei terreni destinati al rimboschimento. Per proteggere le giovani piantine dalla bora e per mantenere più a lungo 1’ umidità del terreno le piante vengono attorniate da sassi. Che, anticamente, questo territorio fosse ricoperto da selve fitte ed estese ce lo dimostrano, oltre le affermazioni d’ Erodiano, le numerose tracce del culto al dio Silvano, rinvenute qua e là nella regione, 1’ accenno, fatto in un’ iscrizione latina scopèrta ad Aidussina, d’ una amministrazione erariale delle foreste, la celebrata fertilità del suolo dell’ antica Aurisina ; il ricordo del sacro bosco di Diomede sulle sponde del Timavo, le leggi agrarie e le speciali ordinanze romane per la conservazione dei boschi, ma, sopratutto, le grandi quantità d’ ossa di cervo trovate nelle caverne preistoriche. Le orde dei barbari che, attraverso i facili accessi del passo di Nauporto e dei varchi della Selva Piro, irruppero nella regione, il malgoverno e la cupidigia dei signorotti medioevali che si alternarono nel governo della Carsia e, sopratutto, le devastazioni compiute dagli stati, contro il vandalismo dei quali severissimi ma inutili provvedimenti furono presi dai duchi d’Austria, da Venezia e da Trieste, causarono la distruzione delle selve. L’ acqua piovana ed il vento asportarono il terriccio non più trattenuto dalle radici degli alberi e misero a nudo la roccia. Unici rimasugli delle antiche foreste sono : il bosco di Tarnova, quello di Lipizza, quello di Banne, con quercie più volte secolari, ed i boschi di S. Pietro di Madras, di Accusiano, del Cucco di Roditti, del Taiano e dell’ Auremiano, boscaglie d’ estensione ridotta, ma plaghe ridenti in mezzo allo squallore ed al deserto che le circonda. L’imboschimento del Carso fu promosso dal Consiglio Comunale di Trieste e le prime colture forestali furono iniziate nel 1842. Ma nè questi esperimenti, nè quelli tentati nel 1857 sortirono 1’ effetto sperato essendo state trascurate le più elementari cautele. S’ era partiti dal presupposto che essendo le piante latifoglie indigene del Carso, esse dovevano allignarvi meglio di tutte le altre. Accadde invece che dei 15 mila kg. di ghiande seminati nei primi esperimenti nacquero delle piante che perirono in pochi anni. Si fece un ulteriore tentativo nel 1859 con piantagioni a formelle di pino nero e silvestre, frammisti ad essenze legnose indigene, tentativo che riuscì molto bene essendo il pino nero la pianta più resistente e meglio adatta alle condizioni del clima e del suolo dell’ altipiano. Nel 1870 si costituì un comitato sussidiato dal Comune e dallo Stato, comitato che fino al 1882 imboschì 109 ettari ed 8288 mq. di terreno con 917352 piantine, la maggior parte di pino nero.