- 120 — La Banca Commerciale Triestina e la Banca Popolare, citate dal Prof. Cabiati, erano bensì creazioni locali, ma prima della guerra vegetavano, non vivevano. Solamente dopo la guerra, per questioni d’opportunità, il capitale locale fu dato in deposito alla Banca Commerciale Triestina. Al tempo del cambio della valuta, coloro, ed erano la stragrande maggioranza, che avevano i loro capitali depositati presso le banche viennesi ebbero a subire una serie di contrattempi ed a superare non lievi ostacoli per veder cambiati in lire i propri capitali. Basta dire che tutti indistintamente i capitalisti locali avevano intentato lite al «Wiener Kredit» perchè si rifiutava di pagare l’ulteriore 20% stabilito dopo che già il cambio era stato fatto sulla base del 40 °/0. Le liti intentate non ebbero corso perché intervenne il Governo Italiano con opportuni provvedimenti, ma intanto era stato mobilitato un esercito di avvocati ed i depositanti furono preoccupati per la sorte dei loro risparmi. La verità di questa asserzione è dimostrata anche dal fatto che i capitali s’investirono di preferenza in una banca locale anziché presso le più solide banche italiane perchè si temeva che eventuali complicazioni internazionali non obbligassero l’Italia a ritirarsi da Trieste, allora non ancora annessa alla Patria. La piccola banca triestina vide crescere smisuratamente i suoi depositi e la sua organizzazione non adatta ad un compito così impari alle proprie forze, non la mise in grado di creare una istituzione solida e bene organizzata ed ancor oggi, purtroppo, se ne risentono gli effetti. Basta osservare il bilancio pubblicato da questo istituto nell’Aprile scorso per comprendere quanto esso sia male amministrato e come i suoi investimenti siano quanto di più illiquido si possa immaginare. Se dunque una branca commerciale a Trieste è male organizzata essa è appunto quella bancaria e questa sarebbe la leva che dovrebbe muovere tutto il meccanismo immaginato dal Prof. Cabiati. Se si vuol tendere a questo, è necessario anzitutto sviluppare in Italia l’attività bancaria portandola molto vicino al grado che prima della guerra avevano l’organizzazione bancaria inglese e germanica, e particolarmente riorganizzare dalle basi l’organismo bancario triestino. Il Prof. Cabiati sostiene poi che Trieste deve avere lo stesso trattamento di Fiume perchè, queste due città « se unite si completano commercialmente, se disgiunte, o, peggio ancora, se rivali, si paralizzano e si rovinano». Quest’affermazione sarebbe certamente giusta se Fiume cadesse in potere d’uno Stato del retro-terra, il quale comandasse pure i nodi ferroviari che legano Fiume alle ferrovie dell’Europa centrale. Ma questo pericolo, grazie al trattato di Rapallo, non esiste perchè Fiume è dichiarata Stato indipendente sotto la protezione dell’Italia ed il nodo di S. Pietro è in nostro potere. Abbiamo poi altrove cercato di dimostrare come le due città non siano affatto rivali e come il loro traffico si esplichi sotto aspetti diversi. Ma per rendere completo l’organismo portuario Nord-Adriatico è necessario prendere in considerazione anche Venezia, che con gli altri due porti, forma un sistema unico. Ecco la necessità quindi di estendere il privilegio del porto franco anche a Venezia. E non basta ancora, perchè Genova ha, sostanzialmente, le stesse funzioni dei tre porti adriatici inquantochè serve, come questi, per lo sfogo del commercio dell’ Europa centrale verso il bacino occidentale del Mediterraneo, verso le Americhe e verso l’Oriente, quindi, per la stessa ragione che milita a favore di Trieste, anche Genova dovrebbe esser dichiarata porto franco. Non è dunque questa una ragione particolare a Trieste, ma comune ai nostri grandi porti settentrionali, i quali devono lavorare di comune accordo perchè hanno gli stessi terribili avversari da combattere. E inutile quindi creare dei motivi di gelosie fra le nostre città marittime, rendendo più facile il gioco ai nostri nemici. E poi, si può affermare veramente che il porto franco equivale perfettamente alla dichiarazione d’indipendenza anche politica? Non mi sembra, perchè la seconda forma è molto più completa, anche dal lato commerciale, della prima. Sta poi a vedersi se uno Stato così piccolo come quello di Fiume potrà far valere la sua volontà e potrà bastare a sè stesso. Pare veramente di no, perchè già ora Fiume cerca la protezione in grembo