verso questi paesi. Ma poi mentre 1’ Ungheria prebellica con circa 27,6 milioni di Ettari consacrati all’ agricoltura (escluse la Croazia e la Slavonia) doveva provvedere solamente a 18 milioni di abitanti ed aveva quindi una forte eccedenza di prodotti agricoli da e-sportare, l’Ungheria attuale, nei confini segnati dal trattato del Trianon, con poco più di 9 milioni di Ettari coltivati a campi deve provvedere a quasi 8 milioni di abitanti ; ne segue che la sua potenzialità all’ esportazione trovasi grandemente ridotta e di ciò fa fede lo sbilancio commerciale che per i primi tre trimestri del 1921 ammontava a ben 16 miliardi di corone (1). Ma, infine, si sono mai chiesti i sostenitori del dogma del porto franco quali furono le cause che contribuirono alla creazione di quest’istituto? Non sempre, come oggi, il porto franco risultò un danno nei riguardi di quei porti che godettero di questo privilegio ; anzi quest’ istituzione contribuì moltissimo allo sviluppo dei commerci in generale e dei traffici marittimi in particolare. Perchè dunque l’istituzione del porto franco rappresentò un privilegio mentre oggi essa è un vero e proprio danno? È un dogma, vorrei quasi dire è un assioma, che in fatto di commerci la libertà è un grande, inestimabile vantaggio. Quando i porti avevano pochi rapporti Col loro retroterra e rappresentavano i punti iu cui convenivano le merci dai paesi d’ origine per essere. manipolate e riesportate via mare verso i mercati di consumo, quando i porti anche politicamente potevano rimanere divisi dal loro retro-terra indubbiamente il poter importare ed esportare le merci senza dover sottostare a vessazioni ed a onerose imposizioni fiscali era un immenso vantaggio. Le merci venivano attratte verso quei porti nei quali potevano essere scaricate in franchigia, manipolate e riesportate senza dover sottostare al pagamento di tributi. Per quei porti poi, e questo avvenne in maggior misura verso la fine del secolo XYIII°, che dovevano provvedere ai rifornimenti del loro retro-terra ed al quale servivano di sbocco per le esportazioni, il privilegio del porto franco traeva seco quello dell’immunità dei dazi sulle merci in transito. Quando si pensi che le provincie stesse in cui uno stato era diviso formavano altrettante circoscrizioni doganali, le quali applicavano i dazi non solo sulle merci importate od esportate, ma sì anche su quelle che attraverso ad esse transitavano, si capisce subito il grande vantaggio apportato dalla concessione del porto franco in seguito alla quale tutte le merci che dal porto franco erano dirette verso l’interno o dall’interno si recavano ad imbarcarsi nel porto erano automaticamente esentate dal pagamento dei dazi in transito. E per questa ragione che Amburgo, ad esempio, sottrae a Stettino parte della sua zona d’influenza, perchè Stettino, annesso al territorio doganale dello Zollverein, deve pagare un dazio di transito sulle sue merci mentre Amburgo, porto franco, ne è esente. Questa la vera ragione dei vantaggi che allora recava il porto franco. Ma oggi manca questo presupposto. Nessuno Stato applica più i dazi sulle merci in transito. Manca quindi il più grande, anzi si può dire, l’unico vantaggio del porto franco, perchè esso è già goduto da tutti i porti ; diventa quindi inutile la proclamazione del porto franco la quale, data 1’ economia moderna complicatissima, non può non portare degli inconvenienti. Tanto più inutile risulta questa proclamazione quando si pensi che per agevolare il commercio esistono attualmente altri provvedimenti, come le zone franche, ottime comunicazioni ferroviarie e marittime, basse tariffe di trasporto, lievi spese di piazza, impianti sufficienti e bene amministrati, agevolazioni doganali, una perfetta organizzazione bancaria, ecc., ben altrimenti efficaci del porto franco e privi affatto dei suoi inconvenienti. Infine, le vicende storiche del commercio triestino ci persuadono dell’ inutilità di (i) Cfr. » La Hongrie actuelle >» Budapest 1922 e 1’ « Economia nazionale dell* Ungheria mutilata ». Camera di Commercio Ungaro-Italiana. Budapest, 1921.