— 135 - questo provvedimento. Il commercio di Trieste langue tanto prima quanto dopo la dichiarazione del porto franco che avviene il 15 luglio 1775. Ancora nel 1805 il tonnellaggio delle navi approdate nel porto di Trieste tocca appena le 170.091 tonnellate e non supera il mezzo milione di tonn. che dopo la metà del secolo XIX. Bisogna arrivare verso il 1880 per vedere superato il milione di tonn. in arrivo. Nel 1891, nell’anno cioè in cui fu tolto il privilegio, le navi approdate nel porto di Trieste hanno un tonnellaggio complessivo di 1.474.865 tonn. Nel 1898 sono superati i 2 milioni, nel 1905 si passano i 3 milioni, nel 1909 i 4 milioni e nel 1913 si toccano quasi i 5,5 milioni di tonnellate. Il traffico quindi non risente affatto dell’ esistenza o meno del privilegio del porto franco. L’aumento del commercio triestino dipende unicamente dai maggiori bisogni dei paesi del retro-terra e dalla continua espansione verso gli sbocchi del Levante. Ma quando i paesi del retro-terra triestino, come accade nel periodo attuale, non possono acquistare per lo scarso valore della loro moneta e non possono esportare, oltre che per la loro diminuita potenzialità, anche causa la crisi dei mercati naturali di assorbimento, cioè , degli Stati levantini e la conquista del mercato indiano, altra volta tenuto da Trieste, da parte del Giappone, è illusorio sperare che la proclamazione del porto franco faccia rifiorire il commercio. I Magazzini Generali ad esempio sono stracarichi di merce, ma questa ingente massa di beni rimane immobilizzata perchè non trova compratori. Ma oggi sembra che anche i triestini, più per le opposizioni sollevate da questa loro richiesta che per un profondo convincimento dell’ inutilità e del danno di una simile istituzione, abbiano smesso di chiedere a gran voce l’attuazione del £orto franco in loro favore, attuazione che si sarebbe risolta in un danno economico non solo per Trieste, ma per l’intera Nazione, e che avrebbe dato ancora motivo agli americani di ritenerci incapaci di amministrare un porto di importanza internazionale. Conclusioni Esaminate le condizioni attuali del commercio triestino, determinate le cause che condussero allo stato presente delle cose, accennati i provvedimenti che si devono prendere per far risorgere le sorti dell’ emporio, studiata quale fu in tempi normali la funzione economica di questo porto, chiediamoci se, con gli elementi che fummo in grado di raccogliere, possiamo fare delle previsioni sul futuro andamento del commercio triestino. Certamente un simile problema non può essere risolto nè con facilità, nè con esattezza. Potrà Trieste risollevarsi dalla crisi attuale, oppure le condizioni presenti vanno considerate non come una crisi, e quindi transitorie, ma come uno stato di cose permanenti ? La risposta non mi sembra dubbia. L’attuale depressione dei traffici non dipende dal fatto che Trieste, anziché appartenere ad uno degli Stati del suo retro-terra, appartiene all’ Italia, cioè ad uno Stato che comprende appena una piccola parte dell’hinterland triestino. La vita economica di Trieste è intimamente legata a quella degli Stati del-1’ Europa Centrale, se le condizioni economiche di questi Stati sono depresse, pure depresse risulteranno le condizioni di Trieste. Fino a che l’Austria, la Jugoslavia e la Cecoslovacchia non saranno completamente ristabilite dai mali che oggi danneggiano la loro economia, anche Trieste non può sperare di vedere ristabilite le condizioni del suo commercio. Quanto durerà la crisi attuale, nessuno può prevedere. Ma la Cecoslovacchia e la Jugoslavia hanno in sè elementi per la loro rinascita economica, e per l’Austria si troverà certamente il modo di farla risorgere. Nel Levante, la Turchia dà già segni non dubbi del suo risorgimento e la Grecia e la Russia non tarderanno a seguirla. La grande Rumenia e l’Egitto son già, oggi, buoni clienti di Trieste, e se l’Italia saprà riconquistare il mercato indiano ed assumere nell’Estremo Oriente quell’ importanza che