- 103 - nomicà che li travaglia. Questa ricostruzione degli Stati ex austriaci e levantini non può essere fatta isolatamente dai singoli Stati. Anche quelli tra essi, come ad esempio la Cecoslovacchia, che trovano in sè energie sufficienti per risollevarsi non possono farlo, perchè il continuo assanamento della loro economia porta ad una rivalutazione della loro moneta, il che impedisce loro di commerciare con gli Stati la moneta dei quali resta deprezzata o, peggio ancora, deprezza continuamente. La Cecoslovacchia che intendeva ripristinare nel tempo più breve possibile il valore paritario della sua corona, subì, nel-l’estate-autunno del 1922, una gravissima crisi di sopra produzione trovandosi nella impossibilità di esportare causa il continuo incremento del valore della sua moneta. È indispensabile, quindi, che i singoli Stati proseguano concordemente all’ assanamento della loro economia e delle loro finanze e più che tendere alla rivalutazione del valore delle rispettive monete essi devono cercare di stabilizzarne i cambi, perchè non è il basso valore di una moneta che influisce sulle spese e sui costi di produzione, ma sono le oscillazioni di valore quelle che producono i maggiori danni alla produzione ed al commercio. L’Italia, dal canto suo, deve cercare di agevolare la rinascita di questi Stati, procurandosi, in pari tempo, quella superiorità che una volta ebbe 1’ Austria. Per raggiungere questi scopi è necessario che l’Italia divenga industrialmente e bancariamente forte. I prodotti delle nostre industrie devono conquistare i mercati balcanici e levantini e le nostre banche devono assumersi il compito, una volta tenuto dagl’ istituti di credito austriaci, di sovvenzionare le imprese commerciali ed industriali del Levante e quelle industrie che si trovano nel retro-terra di Trieste e di Venezia. L’Italia deve disporre d’ una flotta mercantile perfettamente organizzata che le permetta di supplire da sola alle esigenze dei suoi traffici. Non ha grande importanza che le navi siano costruite in patria o acquistate all’ estero, ciò che più importa è che l’organizzazione sia nostra e che le navi costino il meno possibile. D’ altro canto l'Italia deve levare a poco per volta le barriere che ancora chiudono i suoi confini. La nostra penisola, che ben fu definita un molo gettato nel Mediterraneo, deve vivere essenzialmente del commercio. Ora, il commercio viene attratto organizzando in modo perfetto i servigi, offrendo la massima rapidità e sicurezza nel trasporto delle cose e delle persone, diminuendo, per quanto possibile, le spese di manipolazione, stabilendo tariffe basse e poco variabili, affinchè il committente possa sapere facilmente e con esattezza la spesa che dovrà sostenere e non impedendo in alcun modo 1’ entrata e 1’ uscita delle merci. Nè si vuol con questo affermare che l’Italia non sarà mai uno Stato industriale. Ci sono delle industrie le quali possono benissimo svilupparsi anche da noi e che trovano anzi quegli elementi che più difficilmente possono trovare presso altri popoli. Noi possediamo una grande quantità di mano d’opera e, si noti, mano d’ opera intelligente, che se bene organizzata può fruttare moltissimo. Inoltre possediamo una genialità che nessun altro popolo può vantare. Quelle industrie quindi che provvedono alla fabbricazione di prodotti i quali richiedono un grande numero di ore di lavoro ed una notevole somma di sforzi intellettuali possono sorgere, e sorgono, e possono prosperare da noi meglio che altrove senza abbisognare di una protezione che deprime qualsiasi spirito d’innovamento e di progresso. Ad ogni modo qualunque sia l’indirizzo politico che il Governo d’Italia intenderà seguire in avvenire, la situazione di Trieste è abbastanza grave perchè si cerchi, nel li-nlite del possibile, di prendere quei provvedimenti che si rendono indispensabili. Non è affatto vero che il commercio di Trieste sia ridotto, come vorrebbero alcuni giornali esteri (1), ad un puro commercio di cabotaggio. Un semplice sguardo alle statistiche ufficiali di questi ultimi anni dimostra l’ignoranza o meglio la mala fede di queste notizie (i) Specialmente il « Merchant Shipper » ed il « Berichte aus den neuen Staaten » in alcuni articoli pubblicati dell’ aprile del 1922 vorrebbero far credere che le navi di Trieste non oltrepassano lo Stretto dJ Otranto.