regioni rifioriranno economicamente, ed il retro terra di Trieste avrà un potere d’acquisto maggiore, il Lloyd Triestino riprenderà la sua antica floridezza ed il commercio di Trieste sarà assicurato. In tempi più recenti, nel 1895, quando la necessità delle relazioni con l’America si fece più intensa, sorse la Società Cosulich, che oggi ha un parco di 20 transatlantici con oltre 100 mila tonnellate di registro netto. Essa mantiene, specialmente, linee passeggeri per l’America del Nord, Stati Uniti e Canada, per l’Argentina ed il Brasile. Anche questa Società oggi stenta un po’ la vita, ma pur non essendo sovvenzionata cerca di mantenere regolare servizio oltre Atlantico. Ma a questi maggiori Enti della Navigazione Triestina, s’ unisce tutta una serie di Società più o meno grandi che gestiscono le linee che congiungono Trieste coi porti del Mediterraneo Occidentale e del Tirreno, coi porti del Nord, e con quelli Inglesi che fanno il servizio di piccolo e grande cabotaggio. Di ognuna d’ esse ci sarebbe caro parlare, rappresentando ciascuna un centro d’iniziativa nel risveglio economico del porto e tutte contribuendo alla prosperità dei traffici, ma la mole di questo lavoro noi consente. Complessivamente hanno sede in Trieste 22 Società di Navigazione, sulle 32 della Venezia Giulia, Fiume compresa. Il Naviglio appartenente alla Venezia Giulia e classificato dal Veritas Triestino ammonta a 340 piroscafi per un tonnellaggio brutto complessivo di 880 mila tonnellate. * * * Senza essere un porto industriale, cioè un porto nel quale s’importino in maggioranza materie prime destinate ad esser lavorate sul posto e s’esportino i prodotti dell’ industria locale, pure Trieste aveva notevoli e bene avviate industrie. In dipendenza del commercio marittimo s’ era sviluppata l’industria delle costruzioni navali, con 3 cantieri principali, lo Stabilimento Tecnico Triestino, specialmente adibito alla costruzione di navi da guerra, il Cantiere S. Rocco ed il Cantiere Navale di Monfalcone. In quest’ industria erano impiegati oltre 5000 operai. A Servola funzionavano 3 alti forni della Società Carniola i quali ricevevano il minerale dalle isole dell’Arcipelago, dalla Dalmazia, dall’Algeria, dal Mar Nero e dalla Spagna. Essi impiegavano 1500 operai producendo 110 mila tonnellate di ferro greggio all’ anno. Immediatamente prima della guerra a questi tre forni erano stati aggiunti un’ acciaieria ed un laminatoio. Oltre 500 operai erano impiegati nella pileria di riso, mentre nell’industria della raffinazione degli olii minerali lavorano 400 operai. Nell’ estrazione dell’ olio dai semi, nelle fabbriche di sapone, nella preparazione del pesce conservato, nella fabbricazione dei prodotti chimici, nella fabbrica di linoleum, in quella di birra, in quella di tessuti, di juta e in quelle minori che accanto a queste pullulavano, lavoravano altri 3000 operai. Anche da queste poche notizie si può arguire che l’industria triestina non era enormemente sviluppata. Tuttavia essa occupava circa 12 mila operai, assorbiva ingenti quantità di materie prime importate e di carbone. Attualmente, ad eccezione della fabbrica di birra e dell’ industria estrattiva dell’ olio dai semi, tutte le industrie locali sono inattive, l’importanza loro è sentita fortemente, particolarmente dopo che i cantieri, ultimate le ultime ordinazioni, attendono soltanto alle riparazioni dei vecchi piroscafi, riducendo straordinariamente la loro attività. È certo che se l’industria potesse riprendere il lavoro, Trieste ne ritrarrebbe un notevole vantaggio specie oggi che il commercio ha ripreso qualche poco. Solamente una simile eventualità è di difficile attuazione, inquan-tochè, i mercati, altra volta serviti da Trieste, già sono stati conquistati da altre imprese e nella concorrenza internazionale vuoi per la forte spesa d’ esercizio, mano d’ opera e forza motrice specialmente, vuoi per il nessun progresso fatto da queste industrie nel-