— 126 — aveva assunto l’Austria con le ben organizzate linee del Lloyd Triestino, la rinascita di Trieste non potrà certamente mancare. Essendo transitorie le cause, transitoria deve pure essere la depressione attuale, e quindi essa è destinata a scomparire. Si è voluto da alcuni affermare che, anche ristabilendosi l’ordine nel caos economico in cui si trovano gli Stati dell’ interno e del Levante, Trieste sarebbe condannata in perpetuo a rimanere nelle condizioni attuali perchè Fiume, dato il suo nuovo ordinamento, riuscirebbe a soppiantare Trieste nelle relazioni col retro-terra. Fiume sì dice, essendo uno Stato autonomo potrà fare al retro-terra tutte quelle concessioni che crederà opportune per sottrarre a Trieste la sua sfera d’intluenza. Fiume non può presentare per Trieste alcun pericolo. Uno Stato così minimo come quello di Fiume non può fare agli Stati del retro-terra concessioni tali che compensino questi da eventuali ribassi tariffari a suo favore. L’Italia, invece, è in grado di offrire questi vantaggi per ottenere un ribasso nelle tariffe applicate nei riguardi di Trieste (e ne abbiamo una prova nelle convenzioni stipulate recentemente colla Cecoslovacchia) e se non fosse noto il grande amore che gli italiani portano alla città « Olocausta » e il grande spirito di giustizia che li ha sempre animati, si potrebbe piuttosto affermare che Trieste, politicamente annessa ad un grande Stato, possa rappresentare un pericolo per Fiume autonoma. In realtà nè Fiume intralcerà il futuro sviluppo di Trieste, nè questa quello di Fiume : ambedue questi porti continueranno a servire il loro retro-terra ed insieme a Venezia e a Genova dovranno far fronte al loro comune nemico: i porti del Nord. È necessario invece che Trieste rianimi il suo spirito d’iniziativa. Oggi, le infauste prediche bolsceviche, la propaganda non meno infausta fatta a favore del porto franco, la decurtazione dei capitali degli italiani redenti, avvenuta per effetto del cambio del-1’ unità monetaria, la bardatura di guerra che a Trieste durò più che altrove, il misoneismo degli stessi italiani del vecchio Regno nei reggitori della cosa pubblica, furono altrettante cause che ottusero quello spirito di iniziativa che è una facoltà peculiare dei triestini. Vi fu un tempo in cui sembrava che la decadenza economica della città non dipendesse da altro che dal disinteresse del Governo d’Italia alle sorti di Trieste. Ancora adesso vi è chi crede che il Governo cerchi di favorire Venezia ai danni di Trieste. Niente di più assurdo e di più infausto. L’Italia ha lo stesso interesse dei triestini di veder risorto 1’ emporio, perchè la città acquistata a prezzo di così duri sacrifìci deve servire dì base per la penetrazione italiana in Europa, nei Balcani e nel Levante. Gli interessi dell’ Italia intera coincidono con quelli di Trieste, estremo baluardo dell’ Italia verso Oriente. Ma non si può e non si deve aspettare che a tutto provveda lo Stato. I triestini possono fare per la loro città più di quanto non possa fare la Nazione. Il compito è duro, ma Trieste deve andare superba d’ essere chiamata ad assolverlo. La nostra Nazione va risollevandosi a poco a poco da quello stato di depressione iu cui i domini stranieri l’avevano cacciata, e l’Italia, in seguito alla guerra vittoriosa ed al sacrifìcio estremo dei suoi 500.000 morti, si trova sulla via, diffìcile ma sicura, che la porterà per la terza volta ad essere il faro della civiltà nel mondo. Arturo Chiartjttini Milano, nella primavera del 1923.