318 LA DALMAZIA a vela decaddero le sorti economiche dei paesi al mare. Fino a pochi anni fa Dobrota, Perasto ed altre borgate rifulgevano come luoghi doviziosi, floridissimi, veri vivai d’armatori, di capitani mercantili, di capitalisti; ora sono paeselli miseri. E il valore dei montanari a che cosa serve, ora che ogni vetta dei loro monti è fortificata, ch’essi stessi vennero disarmati, e che, in generale, l’eroismo personale è soffocato dai mezzi moderni di guerra? In fine, manca eziandio l’ob-biettivo principale, il turco. Sapete perchè s’è suicidato Marco Kraljevich, l’eroe leggendario dei canti nazionali serbi? Ve lo dirà un montanaro delle Bocche: « per protestare contro l’invenzione del fucile con cui un vigliacco può uccidere un eroe a mille metri di distanza! ». Pure, anche oggigiorno, troverete nella navigazione internazionale moltissimi capitani marittimi bocchesi. Sono rinomati per intrepidezza, sangue freddo e colpo d’occhio. E che i montanari delle Bocche non abbiano ancora perduta la loro tempra bellicosa, lo dimostrò, dieci anni fa, l’insurrezione del Crivoscie. Mezzo migliaio di crivosciani ebbero l’ardire di ribellarsi ad una monarchia potente, e senza una grossa spedizione militare, eseguita da due parti, con tutte le leggi della strategia e della tattica, gli insorti non sarebbero stati facilmente domati. In quell’anno, rammento benissimo, mi trovavo al molo San Carlo di Trieste e, col piroscafo lloydiano, partivano colonnelli e generali austriaci per la Dalmazia. Alla mia domanda, dove si recassero, mi fu risposto : “ ad assumere il comando di truppe contro i crivosciani ». Senza contare che il comando generale della spedizione era affidato al generale Jovanovicli, morto testé, uno dei più energici e più acuti strategi dell’esercito austro-ungarico. Soggiornando alle Bocche di Cattaro ed internandosi un pochino nel montano, in quel di Zupa, o di Pastrovicchio,