278 LA DALMAZIA piuttosto un’ultima espressione di romanesco : una forma vivente delle forme classiche, meglio che una morta imitazione di esse. In Italia troviamo parecchi esempi di questa forma, p. e. sulla piazza San Marco di Venezia. Date al « palazzo ducale » di Eagusa le dimensioni e la posizione dell’edifizio che vi corrisponde a Venezia, e vedremo come la città marinara dalmata, che seppe restare indipendente nè inchinarsi mai al leone di San Marco, non le si sia chinata neppure in fatto d’arte. L’arcata veneziana non può, neanche per un momento, compararsi alla ragusea. La facciata principale dell’edifizio di Ragusa non ebbe a subire l’aggiunta del brutto piano superiore che disfigura il veneziano. Nell’effetto generale, si sa, s. Biagio deve cedere a s. Marco. Ma poniamo il palazzo di s. Biagio al posto di quello di s. Marco, continuiamo la sua arcata ad un’estensione altrettanto infinita, e non v’ha dubbio quale dei due sarebbe più grandioso. L’edifizio veneziano impone col suo effetto generale : il raguseo può sostenere l’esame d’uno studio anatomico. Il palazzo ducale di Ragusa fu cominciato nel 1888 e terminato nel 1435, durante il regno dell’imperatore Sigismondo, come dice l’iscrizione. Che nome daremo allo stile di questo rimarchevole edifizio, o, almeno, a quello delle sue mirabili arcate? Abbiamo sei soli archi — perchè l’architetto non continuò il disegno in tutta la lunghezza del fabbricato — i quali ci mostrano quanto l’arte italiana sapeva ancora produrre nella tarda epoca del xv secolo, quando seguiva il suo gusto naturale, invece di tentare meschine imitazioni straniere. Non badiamo alla data: qui abbiamo il romanesco italiano in tutta la sua verità e bellezza : qui, nel paese che diede a Roma tanti dei suoi più grandi Cesari, l’arcata di Eagusa termina degnamente la serie che cominciò colle ar-