12 LA DALMAZIA — Pronto, signori ! vengo subito ! — fece il vecchio, abituato a simili invocazioni. Ma prima venne a servirmi il thè. — Adesso — mi disse — consigliere loro un rimedio infallibile contro il mal di mare. — E perchè non lo consigli a me pure? — Perchè no, signore?... ecco, si prende una mela, la si divide in due metà, se ne mangia una subito, e l’altra quando s’entra in porto. Mangiata la seconda metà, cessa il mal di mare come per incanto... Il disgraziato si salvò con la fuga, chè lo avrei lapidato con tutto il servizio di thè. Figuratevi se si ha voglia di accettare simili barzellette, quando la « voce interna » accenna ad una minaccia spaventevole. « Non è il morir » ma il sentirsi disarmati da un male, momentaneo sì, ma atroce che, in quei casi, avvelena l’esistenza. Non importa: si sopporta più facilmente ima sventura, quando si è in buona compagnia. Dalla mia cabina avevo udito ritirarsi quasi tutti i commensali. Pochi erano ancora i valorosi superstiti : il barone, la vezzosa nepotina, la famiglia americana e il comandante. Chiacchieravano allegramente di mille cose le più disparate. Ad un certo punto il discorso cadde sulla Dalmazia. Ne ero curiosissimo, non volevo perderne una sola parola, interessandomi oltremodo il giudizio degli stranieri, per quanto talvolta ingiusto, incompetente o stravagante, su quella piccola, ma insigne provincia. Imploravo misericordia da Dio per la bionda francese, affinché non fosse costretta d’abbandonare la tavola. M’ero tosto accorto che i concetti di lei sulla Dalmazia divergevano stranamente da quanti avevo udito, o letto fino allora. — Mais, la Dalmatie c’est un pays turque?... — chiese la francese al comandante.