78 LA DALMAZIA sulla parola del Supuk, come su quella del vangelo. Tutto ciò si spiega. Il Supuk, figlio del paese, ne è non solo uno dei cittadini più stimabili, ma il campione più sincero, più fervido, più amoroso. La sua casa, da anni, è aperta in permanenza a chiunque, povero o ricco, cittadino o paesano. Alla mancanza d’istruzione e d’educazione superiore, supplisce con una straordinaria prontezza d’intuizione, con una bontà di cuore infinita, con un senso squisito per le miserie del popolino. È affigliato al partito croato di Dalmazia, ma è notorio a tutti che il suo cuore palpita con sensi liberali per tutto il mondo slavo, senza veruna distinzione di nazionalità e molto meno di religione. Volli vederlo. Lo trovai nella sua stanza, nella modestissima casa municipale. Mi accolse cortesemente. È alto, pallido, con due occhi vivissimi, con una barba lunga, brizzolata, divisa in due favoriti fluenti. Parla l’italiano e lo slavo con finezza di frase, disposata a grande semplicità di concetto. — Che vuole?... non ho studiato che le quattro elementari — mi disse. Si parlò, si capisce, delle condizioni politiche della Dalmazia e delle economiche della sua Sebenico. Secondo lui, il popolo del suo comune impoverisce sempre più, causa la scarsezza di raccolti e di guadagni, la paralizzazione dei traffici e delle industrie. Perfino l’industria dei mulini del Krka è in completa decadenza. — L’intelligenza — proseguì — si dedica tutta alla politica e trascura completamente le campagne e gli affari. I bisogni crescono di giorno in giorno, mentre i proventi rimangono gli stessi, o, quel che è peggio, decrescono. Non c’è un signore in tutta Sebenico. Quelli che c’erano, di nobili casati, sciuparono i loro patrimoni in lussi e in distrazioni. Adesso chiamano signori noi, perchè portiamo un vestito de-