250 LA DALMAZIA poluogo del comune politico omonimo. La salita essendo breve, in meno di mezz’ora ci troveremo a Janjina, ossia quasi nel centro della penisola. Ci accorgeremo tosto, avvicinando qualche cittadino, che quei di Janjina mantengono integralmente il dialetto dell’ex repubblica di Ragusa, di cui facevano parte, mentre in molti altri paesi del territorio raguseo quel dialetto subì sensibili modificazioni di pronunzia e di accentuazione. Tranne la chiesa di San Biagio, a croce latina, ad una sola navata e senza colonne, cerchereste inutilmente a Janjina monumenti, antichi o recenti, di qualche importanza. Meglio che un punto d’indagini archeologiche, la borgata è un centro di piacevolissime escursioni romantiche. Su d’un colle vicino, ricoperto di quercie secolari, sorge il cimitero del paese. Vi ammirerete parecchie tombe bellissime, di famiglie agiate, che il benessere pubblico vi fiorisce, mercè le risorse, oramai alquanto decadute, della navigazione. Vicino alla cappella del cimitero si veggono avanzi di muraglie antiche. Appartenevano forse ad un convento dei primordi della conversione di quei popoli al cristianesimo. A mezzodì di Janjina sta Popovaluka, residenza prediletta dell’aristocrazia di Janjina. A nord-est del paese si svolge un magnifico panorama: il canale del Narenta che si confonde con quello di Stagno, è tutto seminato di vaghe isolette ; più in sù il golfo di Klek, con la piccola lingua di terra che si protende nel mare. Se poi salite sui monti vicini, troverete coni di pietra. Non si sa a che cosa abbiano servito, se all’idolatria, o a segnare il punto dove ebbero luogo esecuzioni capitali, in tempi molto lontani. Tant’era, ed è tuttora, radicata la superstizione in quei paraggi, che nel xvn secolo, per ordine del rettore di Ragusa, vennero condannate al rogo due paesane di Janjina, accusate di stregoneria. In fine, Janjina fu, per secoli, resi-