330 LA DALMAZIA dotta, dovendo tener conto dei suoi legami tradizionali alla Russia e dei suoi doveri di buon vicinato verso l’Austria. Il principe, sorridendo, mi rispose: — Una domanda consimile mi venne indirizzata da un pubblicista viennese. Sapete che cosa gli ho risposto? Dato appunto il caso d’una guerra austro-russa, io mi conterrei in modo che Alessandro III loderebbe il mio patriottismo e Francesco Giuseppe la mia lealtà. Non è facile ideare una risposta più arguta. In generale i figli della Montagna Nera sono maestri nell’arte diplomatica, la quale consiste, se non m’inganno, nel non esporre mai il proprio pensiero ad indagini microscopiche. Avvicinate qualunque montenegrino e se, in questioni che sommamente lo interessano, vi riesce di levargli una risposta categorica, precisa, netta, dite pure che quello è un tipo degenerato. Come sono accorti, sono pure prudenti, due virtù che si completano. Ad un aiutante del principe che, appena mi vide, sfoggiò una loquacità insolita, chiesi perchè mai, tutte le volte che lo incontrai a Trieste, era tanto parco di parole, quasi taciturno. — Perchè, all’estero, noi montenegrini temiamo di esprimere anche una sola parola che possa spiacere al nostro gospodar — mi rispose, parlandomi all’orecchio. Dopo una conversazione d’oltre un’ora col principe, credetti opportuno di congedarmi, esprimendogli però il desiderio di salutare il suo primogenito, il principe ereditario Danilo. •— Molto volentieri. Ora però studia. Fra un’ora sarà libero e potrete vederlo. Intanto, se vi aggrada, passate nella stanza dei miei aiutanti, e vi raccomando di non dare pubblicità alle mie parole. Sono lieto di esporre a giovani pubblicisti qualche mio pensiero, ma per loro uso e consumo personale.