LO STREGONE DELLA NARENTA 215 spesso egli faceva cadere il discorso sul Samich, credette bene di adoperare uno stratagemma per muoverlo a far qualche passo decisivo contro l’esecrato stregone. Avendo il difetto de’ soliloqui, un giorno parlava, a voce alta, così : « Quel caro Zuanne ha molte qualità buone, non si può negare ; ma pecca certe volte di timidezza. So d’altra parte che quel tristo Samich è capace di tutto, e conviene guardarsi dalle sue male arti. Ma il dovere è la prima cosa: e per adempierlo conviene essere coraggiosi. È buona la prudenza e la tolleranza ; ma queste pure devono avere il loro limite. Il popolo, per natura superstizioso, vedendo le arti diaboliche di quell’infame, finisce col credere nell’onnipotenza del demonio, perde ogni idea di Dio, e finisce male. Che cosa potrei fare per togliere quel pessimo fermento ? Ci penso... ci penso... e non la trovo! Oh poveretto me; ma conviene prendere qualche risoluzione »... Troncato il monologo, prese il breviario e si pose a recitare ad alta voce il vespero e la compieta. Quando giunse al salmo novantesimo, lo recitò colla massima devozione, tenendo sempre rivolta la mente al Samich, ch’egli identificava al ncgotio perambuìante in tenebris, e al demonio meridiano, calcando in tuono elevato sulle parole super aspidem et basiliseum ambuìabis, ecc. Arrivato la seconda volta a questo punto, esclamò: l’ho trovata. Alzatosi con impeto, corse alla porta, chiamò il servo, e gli disse: Venga tosto da me la Natalina Nicolich. Eilesse il salmo per la terza volta e terminò la compieta. In attesa della Natalina, scese nel suo orticello e, come per distrazione, prese una zappa e si pose a zappare l’orto, credendo che così il tempo sarebbe trascorso con più celerità, perchè prevedeva che la Natalina non sarebbe venuta prima di un’ora. Trascorse questa e un’altra ancora : giunse alla