34 LA DALMAZIA dissi, la città d’una sua defezione, ne fecero man bassa, distruggendone i monumenti più antichi e riducendola ad un cumulo di macerie. Anche oggidì una valle, sulla riviera di Zara verso nord-ovest, vicino al villaggio di Diclo, ci ricorda quell’impresa magnanima dei crociati, la Vaicrociata. Si presume che colà abbia approdato l’esercito degli invasori, per prendere Zara d’assalto dalla parte di terraferma. E precisamente — come racconta il Villehardouin — l’esercito franco aggredì la città per terra, cioè dalla parte dell’istmo, ad oriente, e forse anche dalle rive del porto, mentre i veneziani, benché le loro galere fossero ancorate nel porto, assaltarono la città dalla parte del mare aperto. Per Zara, l’effetto di quell’assedio fu disastrosissimo. Il sullodato Villehardouin non aveva mai veduto simili mura e torri e nemmeno, benché venisse da Venezia, sapeva immaginare una città più bella e più ricca di Zara. I pellegrini rimasero meravigliati alla sua vista, nè sapevano comprendere come, senza un miracolo di Dio, avrebbero potuto impadronirsene. Di quelle insigni fortificazioni rimane ancora una bella torre pentagona di cui avremo occasione di riparlare. E delle antichissime fortificazioni romane erano rimaste poche tracce in quel tratto di mura che venne recentemente smantellato, per formare la marina nuova. Dell’epoca romana, Zara conserva un arco, nascosto da costruzioni venete, e precisamente nel lato interno della porta Marina verso la città. L’iscrizione sovrapposta al fregio ci indica che quell’arco è omaggio di consorte amorosa, Melia Annina, al suo sposo Lepicio. Conserva i pilastri, ma le statue che li adornavano vennero rimpiazzate da un iscrizione veneta.