UNA. VOLATA TRA I FALCHI 331 M’inehinai ed uscii. Gli aiutanti del principe m’accolsero festosamente. Dal momento che il loro signore si era trattenuto meco un’ora, ciò che non avveniva spesso, m’ero imposto eo ipso alla loro più cortese deferenza. E si uscì insieme nel breve cortile, per discorrere e fumare. La temperatura era mite, il cielo sereno e il paesaggio, lungo le rive della Kijeka, incantevole. Ad un tratto si volsero tutti, come spinti da una scossa elettrica, verso una finestra al primo piano della dimora principesca, scoprendosi il capo e rimanendo in posizione rispettosissima, Il principe Nicolò s’era aifacciato alla finestra, sorridente. Levai io pure il cappello, e, come gli altri, mi misi a contemplarlo. — Copritevi pure, signore. Ditemi, vi piace quésta nostra Kijeka ? — Il paesaggio è delizioso, Altezza ; eppoi, il fiumicello ricorda fasti eroici che onorano il nome montenegrino. Poco dopo, mi venne annunziato che il principe, ereditario mi attendeva, nello stesso salottino di ricevimento. Gli venni presentato da suo padre, con parole che mi sembrarono bibliche : — Ti presento questo pubblicista europeo che desidera salutarti e-conoscerti, con la certezza di vedere in te un patriota, un eroe, una brillante promessa per i destini dei popoli balcanici. Io, già vecchio, forse non avrò il conforto di assistere al trionfo del nostro programma nazionale : il compito resterà a te affidato. Sii sempre saggio, studioso e serio, figlio mio. Il giovine principe, alto e snello della persona, già ventenne, con due occhi come due stelle, stava seduto vicino a me, ed ascoltava le parole di suo padre, come fossero quelle d un profeta ; ed io ammiravo, commosso, quel bozzetto pa-