410 LA DALMAZIA miamo in mezzo al primo salone, ma gli occhi, non ancora abituati a quella tetraggine, veggono poco. Poco alla volta ci si accorge di trovarsi in una vasta grotta, con parecchie gallerie secondarie, altrettanti abissi oscuri: e intorno a voi colonne e capitelli e cortine e gruppi fantastici. La vostra voce rimbomba stranamente e il vostro spirito intuisce tosto la visione fantastica. Il fumo delle torcie primitive anneri il tetto e ogni dettaglio artistico della grotta. S’entra nella seconda caverna, attraverso una porticina quadrata che sembra fatta da un artista. Nuovi spettacoli giganteschi, nuove fantasmagorie di stalattiti e stalagmiti: piccoli duomi, archi sostenuti da capitelli, sfingi, forme fantastiche e misteriose. Avanti ancora. Nella terza caverna sostenuta da una vòlta arditissima lo stillicidio non ebbe ancora tempo di produrre forme concrete; ma vi si ammira l’arditezza della vòlta e la ripercussione sempre più fantastica della voce. Sotto i vostri piedi il terreno rimbomba spaventosamente. Avanti ancora: conviene curvarsi, per entrare nella quarta caverna, circondata da tetre gole, da profonde ed oscure gallerie. Yien voglia di gridare al tradimento. I paesani sembrano davvero congiurati misteriosi; voi stesso sembrate un fantasma in quell’ambiente per voi nuovo, silenzioso, con tante visioni fantasmagoriche. In alcuni momenti si resta completamente all’oscuro, finché i paesani non riaccendano le loro torcie. Me ne stavo trasognato. Improvvisamente uno di loro scaricò una pistola nell’ultimo antro. Ne trasalii e ne tremo ancora! Il colpo echeggiò spaventevolmente in tutta la grotta, con un urlo cosi forte, che credetti ci fossimo sprofondati negli abissi, poi si smorzò pian piano nelle profondità infinite di quella gola, « Va in Bosnia!» — esclamò un paesano “E tu, va al diavolo! » — gli risposi. In-