424 LA DALMAZIA molto del ceto campagnuolo del distretto, dei suoi vizi, delle sue virtù, delle sue particolarità etnografiche. E si rise di cuore ai racconti umoristici del caro notaio, ben noto in Dalmazia per le sue trovate. — Un giorno — ci raccontò — mi si presenta un campagnuolo, pregandomi che volessi assumere le sue difese in sede giudiziaria. Mi espone il fatto: Un tale lo aveva percosso ed egli aveva reagito violentemente. Il suo avversario ne aveva sporto querela per lesione corporale. « Hai fatto bene reagire — gli dissi io — dal momento che l’altro ti spaccò due denti ». Il montanaro che aveva ima fila di denti d’una perfezione ineccepibile, senza che uno glie ne mancasse, credette ch’io parlassi sul serio, e volle convincermi che realmente l’avversario, con un pugno, gli aveva fracassato un’intiera mascella... Un’altra volta un tale mi si presenta così: « Ti prego d’assumere la mia difesa; ma sappi che sono onesto ed innocente ». Ed io gli risposi: « allora non fai peline: io difendo soltanto ladri, omicidi, assassini ». Il montanaro, alquanto confuso, si grattò la testa, poi soggiunse: « Proprio innocente non sono, ma quasi »... Insomma, si confessò e compresi ch’era un brigante matricolato. * * * Al caffè, fissai un signore a me ignoto. La sua fisonomia però mi rammentava stranamente il mio compianto condiscepolo Pokrajac, morto due anni or sono. Portava seco, all’università di Vienna, un soffio fresco e patriarcale del suo monte Promina, dove passava i mesi di vacanza. Noi lo si adorava per l’integrità del suo carattere, per la sua energia patriottica, per il fior di lingua che parlava. Quel signore che tanto gli rassomigliava non poteva essere che suo fratello. « Ho da domandarglielo? » — pensai.