LA DOTTA RAGUSA 271 nerale di Eagusa, vista dal mare. Dal largo, ne ammireremo le torri, i bastioni, le fortezze e le alte roccie di cui si profittò a scopo di difesa e di fortificazioni. Tutto ciò sparisce a chi entra in città dalla porta Pile, chè, le vie essendo anguste, l’orizzonte ne è breve, limitato da alte case, da monti e colline. Chi non studia Eagusa dal punto di vista tattico, non comprende perchè un viaggiatore l’abbia qualificata una « piccola Gibilterra ». Passiamo il ponte. Una discesa a zig-zag, chiusa dalle grigie mura di un castello, ci conduce alla via principale di Kagusa, lo stradone. È la via più larga, più diritta, più romantica di Dalmazia. Essa deve la sua esistenza ad un imbonimento del mare. D’ambo le parti è fiancheggiata da palazzi uniformemente uguali, dalle proporzioni pesanti e scevri di pregi architettonici: in essi il pianterreno è occupato da botteghe e da piccoli laboratorii : il primo piano ha finestre piccole, mentre il secondo piano ne ha più grandi. Una strana architettura! Dopo il disastroso terremoto del 1667 che distrusse la città, il Senato decretò che tutti i nuovi palazzi dovessero esser isolati, per mezzo di viuzze laterali, e tra loro identici. Inoltratevi pure nello stradone. Vi sorprenderete molto di non trovarvi la scritta: « Soggiorno della pace ». Eagusa sembra un quartiere di Venezia: ne ha la stessa intonazione di tranquilla mestizia, di dolce sentimentalità. In alcuni laboratorii troverete ancora gli orafi, pronipoti dei celebri orafi ragusei. Ma nelle loro mostre non vedrete più nè corone reali nè diademi principeschi, come ai tempi d’oro della repubblica. Pure il lavoro di filigrana, nell’odierna Eagusa, afferma le sue brillanti tradizioni e voi facilmente sarete tentati a farne qualche acquisto. Quasi tutte le vie secondarie della città, scendendo da erti pendìi, fanno capo allo stradone. In esse voi non vi inoltre-