I PLATANI DI CANNOSA 255 con un paesello, sormontato, quasi ombreggiato, da due alberi colossali, giganteschi: sono i due celebrati platani di Cannosa, rinomatissimi da tempo immemorabile. Essi non formano il centro di una foresta vergine, secolare, bensì stanno quasi isolati in mezzo ad una plaga ubertosissima. Ogni volta che ripenso a quei due alberi mi sembra di averli veduti in sogno, oppure in uno slancio sfrenato della fantasia. Eppure li vidi coi miei occhi, li palpai con le mie mani e intorno ad essi girai lunghe ore, come un ipnotizzato. Sotto simili alberi riposò senza dubbio Jehova, dopo d’aver creato il mondo... Essi stanno lì, ritti, da secoli, con le loro radici fortissime che si perdono nei dintorni, con rami così grossi che sembrano tronchi d’alberi antichi, col loro fogliame così fitto e sterminato, da dar ombra freschissima a mille uomini. Sette amici, unendosi in giro, ed allungando ben bene le braccia, arrivano a mala pena ad abbracciarne il tronco spettacoloso. Sfidano i secoli e le leggi normali della natura sapiente. È bello ammirarli nelle loro proporzioni armoniose, quando una leggera brezza li fa ondeggiare mollemente. Sembrano allora due sultani del creato, due sfingi colossali, mormoranti, due evocazioni fantastiche del mondo della leggenda. Uno spettacolo sublime ! Inutile indagarne la genesi, inutile spiegare le cause climatologiche che determinarono una floridezza tanto fenomenale. È il senso artistico che si risveglia dinanzi a quell’apparizione : il senso critico tace. Le più ardite visioni mitiche rivivono intorno a quei platani, come-il solo nome di Wothan ridesta immediatamente le più astruse fantasmagorie del mondo germanico. Salendo su loro, credo si debba provare l’impressione d’una superiorità morale, non concessa che ad esseri privilegiati : dalle loro cime si parla, certo, con gli abitatori di sfere a noi ignote. Più che le