264 LA DALMAZIA fini diplomatici e, in generale, oratori eloquenti e persuasivi. Essi fanno onore tuttora alla loro fama. Certamente, alla sua posizione isolata ed indipendente, alle sue arti diplomatiche, alle sue costumanze nobili e civili, Eagusa doveva tutta la sua fortuna, il suo incremento territoriale, il suo posto privilegiato nella storia dei secoli scorsi. Principi e règoli balcanici accorrevano a lei in momenti pericolosi e tra le sue mura trovavano asilo sicuro. Venivano a Eagusa con patrimoni sterminati e n’erano larghi verso la città ospitaliera. Vivevano quivi lunghi anni in una specie di ritiro politico, in attesa che le vicende storiche li rimettessero in possesso dei loro domimi. E, quando ciò avveniva, Eagusa ne ritraeva vantaggi rilevanti. Quasi tutte le sue belle isole, Eagusa le ebbe in dono da principi balcanici, bosnesi, serbi, croati, e via discorrendo. Ci fu un’epoca in cui Eagusa era progredita così rapidamente nella fortuna commerciale e marittima, che le sue 500 navi venivano noleggiate, per iscopi di guerra, dai potenti re spagnuoli, da Carlo V, da Filippo II e successori. E la bandiera di San Biagio, protettore della repubblica, sventolava sui mari più lontani, fino nelle Indie e in America. Poco prima dell’occupazione francese, Eagusa contava 400 navi a lungo corso. Più luminosa ancora la vita morale ed intellettuale di Eagusa, nei suoi 12 secoli di floridezza politica. Accennerò ad un solo fatto eloquentemente illustrativo. In Inghilterra, appena nel 1807, per opera di Pitt e Fox, veniva sancita la legge contro il traffico degli schiavi, e l’Europa civile ne sussultò di gioia. Nella piccola repubblica di Eagusa il traffico degli schiavi veniva abolito, con atto del Consiglio maggiore, il 26 gennaio 1416, ossia quattro secoli prima che nell’illustre Albione. Voglio riprodurre quell’atto tanto celebre negli annali della civiltà umana.