148 LA DALMAZIA E chiacchierando, e passeggiando lungo la spiaggia orientale per un viale — il così detto viale d’Egitto — di agavi, di carrubbi spettacolosi, di palme, di cipressi, si arrivò al convento dei frati francescani, con l’annessa chiesa della B. Y. delle Grazie. In questa, sono oggetto d’ammirazione parecchi dipinti di Francesco Santa-Croce, di Palma il Giovane, di Jacopo Da Ponte detto il Bassano. Una pala molto rovinata di quest’ultimo maestro « San Diego e San Francesco di Paola » è d’un’ispirazione luminosissima. Ma il capolovoro maraviglioso, il gioiello del convento, i frati lo conservano nel loro ampio refettorio. Esso solo francherebbe una gita a Lesina. È un dipinto di Matteo Rosselli, il suo celebre « Cenacolo », di un valore artistico inapprezzabile. Ne è grande il concetto, energica e geniale la fattura, soavissima l’espressione. Un’armonia maestosa irradia tutta la tela. Il divin Redentore è assiso a tavola, durante l’ultima cena, circondato dai suoi apostoli. La tavola non è diritta come quella del Leonardo da Yinci, ma ha la cosidetta forma a ferro di cavallo. Di fronte al Maestro, sta Giuda, solo, nella cavità della tavola, È cólto, nel quadro, il momento psicologico in cui tutti sono costernati per le parole di Gesù : « uno di voi sta ora per tradirmi, uno la cui destra è oggi a mensa con me; ma guai all’uomo da cui il figliuolo dell’uomo sarà tradito ». Giuda è nervoso: agita nella destra il borsellino con la vile moneta del tradimento: vorrebbe, forse, implorare perdono, ma il delitto da lui già perpetrato è troppo grave, troppo vigliacco: si contorce sulla sua sedia, fissa gli occhi in quelli del Maestro: nella sua anima turbina il rimorso : smanioso, con l’anima concitata, con l’inferno nel cuore, egli penzolerà presto dal ramo di un fico... Non lo si vede in viso, ma soltanto in profilo ; pure, tutto ciò voi indovinate dall’atteggiamento sconvolto della sua persona.