26 LA DALMAZIA gli aranci di Castelnuovo, il latte dell’isola di Bua, gli agnelli di Lissa, gli astici delle isole di Spalato, e via discorrendo. Restava ancora da esporre alla signorina curiosa qualche dettaglio etnografico sulle isole a nord-ovest di Zara. E il barone proseguì: — Sono gente laboriosa, discreta, d’una moralità ineccepibile. La benestanza è quasi generale, in merito al tatto economico della popolazione. Vivono di pesca, di agricoltura, di pastorizia. Le saline dànno da vivere a moltissime famiglie, e, fino a pochi anni fa, la marina a vela era per loro un elemento di grandi risorse. In certi paeselli non troverete che donne, fanciulli e vecchi; gli uomini giovani si slanciano nel mondo in cerca di fortuna. Quando ritornano, dopo lunghi anni d’assenza, portano seco, oltre al gruzzolo, un soffio del gran mondo, di modi raffinati, di progresso sociale che poi fa breccia tra i loro compaesani. Sono rare le famiglie che non posseggano una bella stanza per gli ospiti. Insomma, non solo quelle isole, ma tutte le isole dalmate, presentano un grado vantaggioso di progresso civile, sorretto anche dalle scuole locali e dal frequente contatto di quegli isolani coi cittadini del continente. Certo, nè in Arbe, nè a Pago, nè a Selve pretenderete trovare un teatro d’opera e neanche un jockey-club... La signorina protestò contro quest’insinuazione, ed io, per calmarla, le raccontai la mesta leggenda dell’isola di Melada. — Sull’isola di Melada, col suo porto navale stupendo, esistono tre paeselli: Melada, Brgulje e Zapuntello. Era questi due ultimi, sulla località chiamata « la donna uccisa », esiste da epoca immemorabile un mucchio di ramoscelli gettati lì dai passanti. Gli strati inferiori sono già secchi e gialli ; i ramoscelli più recenti, che formano gli strati supe-