I MORLACCHI 355 più vecchia di lui, perchè nella casa del padre, rimasto vedovo e senza altre donne in famiglia, occorre indilatamente una massaia. In tal caso la pubertà è sviluppata nel ragazzo in modo violento, a danno della sua salute. Fino a pochi anni fa, prima che il morlacco fosse immiserito dall’usura, le sue feste nuziali rasentavano il paradosso dell’orgia. Numerosi svatovi, paraninfi della sposa e dello sposo, accorrevano da villaggi vicini e lontani, rimanevano in casa dell’anfitrione parecchi giorni, banchettando, gozzovigliando, tracannando quantità spaventevoli di vino. Di rado ciò avviene, ora. A capo della lunga tavola sta il do-libasa, o direttore dell’orgia, che impone a tutti i commensali la quantità di bicchieri di vino —• fino a sei! — che tutti per turno devono trangugiare di seguito, dandone egli l’esempio. Sarebbe indegno di recarsi u svatove, a nozze, un morlacco incapace di bere, in un giorno, trenta litri di vino. A sera quasi tutti gli svatovi cadono disfatti sotto la mensa, per riprendere all’indomani la stessa orgia. E se ne vanno, dopo aver ricevuto regali più o meno vistosi, e quando in casa non rimane nè pane, nè castrati da arrostire intieri allo spiedo, nè una goccia di vino, nè un sorso di acquavite. Siccome, una simile festa rassomigliava al passaggio delle cavallette, e la famiglia dell’anfitrione — ch’è il padre dello sposo — se ne risentiva talvolta per un’intera annata, adesso lo sposo trova più economico involare clandestinamente la-ragazza, quasi sempre col consenso di lei, dalla casa paterna. Così, quando, dopo alcuni mesi, il vincolo matrimoniale è benedetto dal parroco, il pir, ossia le nozze, costa infinitamente meno, nè c’è il pretesto di festeggiare l’ingresso della vergine nel letto nuziale con spari di fucili, con orgie e sbornie e fiumi di vino. Ecco perchè « il ratto della ra-