NARENTA 205 rimasi abbastanza costernato per motivi che entrano nella cerchia delle mie riflessioni circa il grado di progresso civile d’un paese. Una sera, ricevetti una letterina cortese da Fort’Opus. Alcuni amici dilettissimi mi partecipavano che, avendo saputo che mi trovavo a Metkovich, ne sarebbero rimasti adontati, se non avessi accettato da loro un picJc-nicJc. L’invito era obbligante ed io telegrafai mi attendessero il giorno appresso. Mi ci recai, infatti, per la via di terra e in un’ora arrivai alla vecchia capitale della vallata narentana. Si passò una giornata indimenticabile, rallegrata dal più schietto buon umore e da un banchetto che avrebbe destato invidia in Lu-cullo. Si visitò ciò che il paese offre di più moderno : il ponte in ferro attraverso il fiumicello Norino, la nuova palazzina comunale, elegantissima, e la chiesa pure di data recente. — Sono molti ammalati in paese ? — domandai. — Uno solo : il medico ! — mi rispose il parroco. — Forse, per questo motivo, gli altri godono perfetta salute... —- soggiunse un altro, spietatamente. — E le febbri malariche?... —• Sono anticaglie, memorie d’altri tempi... Fra gli amici rividi il mio Stroll, ingegnere, che vive in permanenza a Fort’Opus, per sorvegliare le dighe, gli argini, i capricci del fiume, e farne rapporto a chi spetta. Sono quattro fratelli, gli Stroll, quattro fenomeni d’intelligenza. —■ Vuoi la copia di un documento antico, concernente la fondazione dell’antica città di Narenta, ossia di Narona? — mi chiese lo Stròll. — Te ne sarei obbligatissimo. — Me la diede. Sventuratamente i topi l’avevano talmente rosicchiata, da renderla illeggibile. Era, certo, un manoscritto classico. Ne lessi qualche linea. Principia così: « Circa 2000 anni av. C.,