502 LA DALMAZIA Domando al fratino, come passa l’inverno lassù, nei paraggi delle nevi quasi perpetue. — Non avendo la cura d’anime — mi rispose — ma dovendo soltanto celebrare una trentina di messe all’anno, secondo le intenzioni della Casa imperiale, ammazzo il tempo botanizzando in tutte le stagioni; è superba la flora del Velebit. — Siete qui da lungo tempo? — Da un paio d’anni. — Non vivete, certo, di carità? — No, lo Stato mi paga con 500 fior, l’anno, dal fondo « Strade ». — Ho inteso che il piccolo Pantheon minaccia rovina ? — Pur troppo, è vero; or ora lo visiterete. La chiesuola, tanto elegante, è in uno stato desolantissimo — da oltre 20 anni ! L’acqua piovana distrusse internamente ogni dettaglio architettonico e tutte le decorazioni. Per poco la si trascuri ancora, e il tetto si sprofonderà sul pavimento marmoreo, facendone un rovina. Per restaurarla, basterebbero 6000 fiorini. Si dovette perfino interdirla, e il frate celebra la messa in casa. Pure, a memoria delle buone intenzioni religiose di chi la eresse, si conservano una piletta di marmo variegato e le quattro colonne di granito, quattro bei monoliti dallo scoglio di Kuklizza, che fiancheggiano le due porte d’ingresso. Peccato, in verità! — Com’è il clima quassù? — Capricciosissimo: talvolta mite, secco, poi repentinamente piovoso, quando non si sollevano vortici di neve. Non mi sorprenderei, se, di qui a un’ora, tutto l’altipiano fosse ricoperto da un fitto strato niveo. — Ci sono miniere ricche nei dintorni? — domanda Io zappatore californiano.