456 LA DALMAZIA tezza. Rivangando le memorie deliziose della giornata, la funzione finì, senza che me ne fossi annoiato. Si uscì e si passeggiò, conversando, sotto im viale ombreggiato da tigli esalanti un profumo soavissimo. Tutto insomma cospirava, quella sera, a farmi diventar poeta! — Come mai — chiesi al padre Daniele — hanno potuto, anni fa, perpetrare il furto clamoroso in quest’isola così piccola, dove pur vivono tanti religiosi? — Ecco come: mentre i religiosi cenavano, i ladri s’avvicinarono all’isola da questa parte coperta da canne ; «’introdussero al secondo piano del vecchio convento, consumarono il furto, indi sparirono nella gola vicina del Krka. Io, allora, non mi trovavo qui... — Peccato, era un importo considerevole, circa 15,000 fiorini, se non m’inganno... — E tutti raggranellati dalla carità dei fedeli, con lo scopo di restaurare il vecchio convento e poter ospitare, in date occasioni, i numerosi forestieri. Giacché noi, fossimo milionari, nè si vivrebbe, nè si mangerebbe meglio, o peggio del solito. Il laico ci avvertì che la cena era pronta. Fu un simposio modesto, ma rallegrato da svariatissime chiacchiere e da progetti per le escursioni del giorno seguente. Dopo cena, si conversò ancora una mezz’ora, indi mi ritirai nella cella assegnatami, dove sognai sogni placidi, pieni di visioni dorate. Quando il sole era già alto, mi svegliai, scesi dalla cella, presi il caffè, e, mentre i religiosi in chiesa salmodiavano, io, solo, mi misi a passeggiare beatamente intorno all’isoletta. Trovato un cantuccio adatto alle disposizioni sentimentali del mio animo, sedetti su una panca presso un tavolo di pietra. Lì nessuno mi disturbava, Numerosi usignuoli dal canto flautato svolazzavano di ramo in ramo, azzardandosi di scen-