234 LA DALMAZIA Ritornati al villaggio, si organizzò alla meglio uno spuntino magrissimo. Non si comprende di che cosa si sostengano quei forti erzegovesi. E mentre noi si godeva un po’ d’aria libera, in un casolare vicino un guslaro cantava le canzoni eroiche nazionali, accompagnando il suo canto con la gusla (in islavo gusle). È un ¡strumento monocordo, simile ad un grande mandolino, da cui il guslaro, che d’ordinario è cieco, trae con l’archetto suoni melodiosi, ma terribilmente uniformi e patetici. Volli vedere il guslaro ed udire una sua canzone. Mi recai in quella catapecchia. Era piena di denso fumo. In mezzo ad essa, intorno ad un focolare su cui ardeva un gran fuoco, stavano assisi parecchi montanari. Ed ascoltavano con attenzione religiosa le ispirazioni poetiche del loro bardo. Costui sapeva a memoria lunghissimi canti eroici, e tutti in versi decasillabi sciolti. Di solito, commemorano le imprese guerresche degli slavi balcanici contro il turco. Sono canti epici stupendi che, raccolti e coordinati, darebbero materia ed argomento a tre o quattro epopee, altrettanto monumentali, quanto lo sono quelle d’Omero. Fra un canto e l’altro i paesani, dall’occhio di falco, si rifocillavano con acquavite, o sorseggiavano tazze di calie. Sembravano affascinati dal bardo cieco, e, cosa strana, fra loro alcuni turchi ascoltavano pure, con compiacenza, i racconti di guerra. La gusla, nei Balcani, non manca in nessuna famiglia : fu essa che sostenne la fibra dei popoli slavi, durante i cinque secoli di servaggio ottomano. Colsi a volo il senso del canto : il bano Strahinich, recatosi a visitare i suoi parenti, il vecchio Jug Bogdan e i nove figli di lui, riceve notizia che i turchi, passando dal suo paese, gli avevano devastato i poderi, saccheggiate le case, percossa la madre e rapita la sposa. — Corriamo a vendicarci! — grida ai parenti.