190 LA DALMAZIA Dopo due ore di placida navigazione, il piroscafo entra in un’ampia insenatura. In fondo ad essa, alle falde del freddo Biokovo, sorge ad anfiteatro, in una macchia verde, Ma-karska. Più in su di quella macchia, roccia grigia, nuda, spaventevole, alta fino a 5000 piedi. Oltremodo notevole il contrasto tra quel po’ di verde, dovuto alla clemenza della patria bora, e la montagna sovrastante, devastata totalmente dallo stesso vento. E pure sulla marina di Makarska, ampia e bella, divampava il sole in tutto il suo splendore. La città si presenta favorevolmente. Un bel molo di approdo dà accesso alla riva ; sulla riva una fila di case, molto pulite e biancheggianti, nasconde altre case meno moderne e meno eleganti ; nei caffè alla marina si è serviti con premura; i cittadini che avvicinate, vi accolgono con squisita cortesia; insomma, un paese che si accaparra di primo acchito le vostre simpatie. Si comprende tosto che in esso la civiltà non è nelle fascie, ma già bella e adulta. Rivangando un po’ la storia, troviamo che Makarska sorge non lungi dall’antica Muccarum, una città romana scomparsa completamente, come molte altre che formavano l’orgoglio degli antichi dominatori del mondo. Con Muccarum, scomparve eziandio la fiorente Retino, nominata da Plinio e da Dione: essa doveva sorgere precisamente sull’area dell’attuale Makarska. Di essa si sa almeno che venne distrutta da Germanico Cesare, figlio di Druso, nell’ottavo anno d. C. Secondo alcuni storici, Makarska potrebbe vantarsi d’esser stata una colonia fenicia. Gli antichissimi signori del mare avrebbero approdato ai lidi makarani in cerca del murex per trarne la porpora. Precisamente il murex brandaris di cui sono ricchi i fondi calcarei del mare che bagna il litorale dalmato, contiene la cosidetta gianduia porporigena, un organo biancastro. Sappiamo approssimativamente come