122 LA DALMAZIA le letterature europee producevano di più squisito, di più moderno formava l’oggetto del suo studio, della sua meditazione. Innamoratissimo della letteratura francese, ne assorbiva lo spirito brioso. Non c’era autore italiano, vecchio o moderno, ch’egli non avesse letto e riletto. Scriveva come Machaulay. Lo trovai in società elettissime a Trieste, a Milano, a Napoli : ovunque ammiratissimo. Ma la musica era la sua predilezione. Eseguiva sul pianoforte spartiti difficilissimi, senza conoscere le note musicali, da grande maestro. Un tipo, insomma, che avrebbe brillato anche a Parigi come una stella di prima grandezza. Da alcuni anni un nuovo ordinamento di cose dà alla città un profilo pubblico speciale. I nomi delle vie e delle piazze vennero slavizzati: il nuovo teatro in costruzione sarà il « Narodno Pozoriste » (Teatro Nazionale): il Comune è nelle mani del partito croato ; lo spirito nazionale dell’epoca moderna s’impone ai fasti della classicità romana, nonché al retaggio del dominio veneto. Le scuole, manco a dirlo, sono tutte slavizzate già da qualche anno. Non so che cosa ne dica il partito autonomo, a cui sono affigliati gli italiani del paese. E un fatto però che — rimanendo pur fulgida la stella della loro civiltà italica sui lidi dalmati — Spalato è sulla via di diventare la capitale della Dalmazia modernissima, della Dalmazia slava. Deliziosi i dintorni di Spalato. Una gita alle falde del monte Mariano, dove Diocleziano aveva i suoi superbi parchi, vi trasporterà, anche nel più rigido inverno, in piena plaga tropicale. Troverete agavi allo stato selvaggio, alte due metri. E in altre direzioni pure la natura è prodiga dei suoi sorrisi alla patria di Diocleziano : sulla strada di Almissa, fino alla poetica chiesuola di Poissan — verso Salona, fino all’isoletta gemale di Yranjizza, la piccola Venezia — in cento altre di-