VERLIKA. 401 incomprensibile, un individuo strano, un amalgama di facchino e di negoziante al minuto, una superfetazione dell’operaio, intelligente, avveduto, scaltro, sempre servizievole e premuroso, talvolta esilarante e necessario, tal’altra noioso e impertinente. È una casta: l’individuo predestinato nasce be-rekin. vive e muore da berekin. Nessuno lo chiama per nome, ma soltanto « berekin ». Nè egli se ne adonta. Al mercato, le persone civili parlano fra loro italiano, esclusivamente italiano, tanto che vi sembra di trovarvi nella Galleria di Milano. Coi montanari però che non conoscono parola d’italiano, parlano la lingua del paese, la slava. Noto la bellezza fisica della paesana signana e il suo vestito rimarchevole: su corpetto a vari colori e gonna bianca, porta una dalmatica lunga, turchina, senza maniche. La copertura del capo ne è abbastanza complicata, con le trecce a cerchio ornate di spilloni, di fermagli, di nastri di seta. Le domestiche signane sono ricercate in tutta la Dalmazia per la loro forza fisica, per la loro intelligenza, per la loro fedeltà. E mentre la mia vettura attraversa la piazza principale, veggo di sfuggita, alla finestra d’una palazzina aristocratica, gli occhioni curiosi, d’una bella maga dal visino poetica-mente geniale. Conosco quel capolavoro di vezzi, d’avvenenza, di grazia: le avrei fatto i miei omaggi, se i cavalli, correndo a rompicollo, non me ne avessero tolta la visuale in un attimo. Nel mio spirito ne rimase però fissa l’immagine, come quella d’una superba visione artistica che mi accompagnò fino a Yerlika. * * * Nessun incidente durante il viaggio da Sinj a Yerlika : la strada bellissima, carrozzabile, s’erge verso nord attraverso un panorama montano abbastanza monotono. Dove la strada cessa di salire, ci fermiamo all’osteria Ei-