394 LA DALMAZIA montavo il primo recinto ed occuparlo. Sforzandone le porte, tolsero cinque destrieri nobili, levarono una bandiera e piantarono sopra le mura un’ altra di Vostra Serenità in augurio felice della vicina conquista : e i nemici, ritiratisi nel secondo recinto e barricata con un monte di pietra la sua porta, 11011 tralasciarono di scaricare un fuoco continuo non pure sui mor-lacchi che uscivano fuori con un po’ di confusione, esportandone il bottino, i cavalli, diversi alveari di miele ed altre cose, ma sui 300 soldati che vi fece entrare il generale conte de Nostiz, e che rimasero abbastanza maltrattati ed oppressi dall» moschetteria e dai sassi gittati. loro addosso dai turchi. Rimasto pertanto il primo recinto in potere dei nostri e conosciutosi ch’era troppo arduo, quasi impossibile, superar gli altri, perchè collocati sur un macigno di struttura altrettanti) antica, quanto forte, feci correr l’invito ai nemici, perchè si arrendessero, procurando di stimolare la loro risoluzione col vantaggio riportato dalle pubbliche armi. Respinto l'invito, conobbi che non essendovi modo di vincere la piazza con l’assalto, si doveva superarla a qualunque costo colle mine. Ordinai quindi che a tale lavoro si desse principio senza ritardo dagli ingegneri, e questi vi si affaticarono inutilmente tuttii quella notte, poiché i difensori, scagliando una continua grandine di sassi, non tralasciarono di sconcertarne l’opera. Vi ai -corsi in persona per prendere qualche disposizione; ma aneli ' il secondo tentativo riuscì inutile. Finalmente, superato l’ostacolo, il lavoro era per ridursi al suo termine, dopo due giorni e due notti di incessante lavoro, quando i nemici, avvedutisi di dover cadere con certezza sotto le rovine della piazza, e spaventati dalla morte di 27 di loro, colpiti dalle nostre bombe, spiegarono bandiera bianca, in segno di voler parlamentare e patteggiare la resa. Dato adito a due dei principali di calar sotto le mie tende, m’ esposero che avrebbero ceduta la piazza, quando ai suoi difensori fosse stata accordata la libertà d'uscirne con armi e bagaglio, e fosse lor data scorta di passar liberamente a Mostar, oppure a Ljubuski. Convocato su tali proposte consiglio, si deliberò d’aecettare i patti. Infatti, era facile comprendere che la costanza e il valore veramente incredibili, onde i nemici difendevano la piazza, potevano facilmente degenerare in una disperazione suprema, per cui avrebbero preferito, anziché perdere la libertà lasciar la vita tra le ceneri e le macerie della fortezza; mentre io