420 LA DALMAZIA famosi serdari dalmati scorrazzavano per conto proprio fin nel cuore della Bosnia e dell’Erzegovina, in cerca d’avventure guerresche, di titoli alla benemerenza pubblica, alla gloria. Oggidì, se tirate una pistolettata per festeggiare il vostro onomastico, vi colpisce inesorabilmente una multa, e se ardite prevenire, con un atto eroico, le intenzioni dei pubblici poteri, vi coglie ben presto una condanna per attentato agli interessi dello Stato. Capisco, così dev’essere con gli ordinamenti moderni della società e degli Stati ; ma io preferirei esser nato ai tempi del Jankovich, del Nonkovicb, dei fantastici conti di Bribir. Allora, un uomo poteva esser un eroe e non doveva esser una macchina. Mi accontenterò di vivere in queU’ambiente fantasticamente eroico, scrivendo un romanzo storico: Iconti di Bribir, in cui sfileranno parecchi insigni personaggi dalmati che ora mi turbinano nella mente, siccome brillanti campioni della gloria dalmata, nei secoli trascorsi. Ripensavo a tutto ciò, salendo l’erto sentiero che, attraversando dapprima la borgata antica, indi le falde boschive del monte, conduce alla fortezza. La porta d’ingresso, preceduta da un ponte levatoio, è sormontata da un leone alato di San Marco, il quale — notate il dettaglio — anziché impugnare con l’artiglio il solito libro aperto, col versetto Pax Ubi, Marce, ecc., impugna una croce lunga e snella. È l’unico modello in Dalmazia. Oggimai, la fortezza sterminata è quasi del tutto abbandonata, nè credo che il dominio austriaco ne faccia gran conto in ordine strategico. Ma, aggirandosi in essa, la fantasia rilegge su quelle macerie molte pagine storiche : lunghe ferritoie, vedette, grossi bastioni, ponti levatoi, una quantità d’edifizi a vòlta, tutto ricorda la tregenda guerresca di quella fortezza colossale. L’egregio podestà di Knin, Alessandro Ivatic, un patriota