276 LA DALMAZIA della persona sono oramai nelle abitudini dei eampagnuoli ragusei. * * * Prima di abbandonare Ragusa, dobbiamo giudicarla dal punto di vista archeologico ed architettonico. A tale scopo profitteremo d’un cicerone illustre. -Vi presento Edward Freeman, nostra vecchia ed ammirata conoscenza. Nessuno meglio di lui saprà spiegarci l’architettura locale di Ragusa. Riapro le sue stupende lettere archeologiche e ne prendo alcune pagine. Secondo lui, grazie a due edifizi municipali della caduta repubblica, Ragusa può esigere un posto primario nella storia dell’architettura. Molto più di quanto a prima vista si suppone, è rimasto illeso, dopo il terremoto del 1667, dell’antica città. Noi ci immaginiamo che non sia rimasto in piedi nuH’altro che il cosidetto palazzo ducale, perchè sappiamo che la cattedrale è di data posteriore e vediamo che l’aspetto generale della strada principale è più recente. Ma quel palazzo, che da per se stesso sarebbe un’importante eccezione, non è la sola eccezione alla distruzione generale del 1667. Se il viaggiatore, lasciando la strada principale, gira nelle strette viuzze che salgono verso la collina, troverà molti frammenti di architettura domestica, che certamente appartengono a tempi anteriori alla grande catastrofe del xvn secolo. Vedrà traccie di quel disastro in molti luoghi, sotto forma di frammenti murati qua e là irregolarmente. Tuttavia v’è ancora buon numero di porte ad arco acuto al proprio posto. Nessuno può affermare che sieno posteriori al 1667. Vi è anche una porta d’un buon tipo del rinascimento, con architrave che posa su due pilastri a capitelli a fiorami. Essa pure non è dei tempi posteriori al terremoto. E nella chiesa