PROMINA 435 ordigni di ferro nel molino: tutto è di legno, fin l’ultimo dettaglio. — Dev’essere ‘così — mi spiegò il podestà — perchè il ferro, arrugginendo facilmente al contatto dell’acqua, corroderebbe le parti essenziali del molino. Aveva ragione. Ed è strano osservare, in codesti molini primitivi, come, con mezzi antidiluviani, si ottengano gli stessi effetti che con quelli della meccanica moderna. Per esempio, una bacchetta introdotta nel buco da dove scorre il grano e scossa leggermente dal movimento della macina, fa cadere quel dato quantitativo di grano e non più: il leggero movimento d’una leva regola il corso dell’acqua: un bambino può presiedere alla macinazione di varie qualità di grano, regolata da gongegni facili e razionali. Nel molino, parecchi morlacchi e morlacche attendevano che il loro grano fosse macinato, per caricarlo su cavalli ed andarsene. Quando vanno al molino, hanno diritto al pranzo che consiste in una scodella di polenta. Ne profittano, si capisce, ed inaffiano talvolta quel pasto frugale con parecchie buìcare di vino. Anche noi, durante la colazione, si bevette del generoso vino, di Promina dalla bukara di legno, a lungo manico. Da quel recipiente, ognuno ne beve quanto vuole, a sazietà. Di ritorno ad. Oldaj, il podestà volle nuovamente ospitarci in casa sua, facendoci servire un prosciutto memorabile di quattro anni dal sapore aromatico e soave. Altro che i prosciutti di San Daniele! Di bel nuovo la bukara fece atto di presenza, destando in noi slanci eccezionali di poesia... Meno male, s’era in campagna. Discorrendo, chiassando, rivangando le impressioni sfolgoranti dell’altera cascata di Manojlovaz, si giunse a Eazvadje, ove ci attendeva la mite e gemale massaia dei Pokrajac, con una cena succolenta, ri-