262 LA DALMAZIA diziarie, ed era formato di 45 senatori, i Pregati, che dovevano aver superato i 40 anni d’età. Il potere esecutivo era affidato al piccolo Consiglio, composto di sette membri. A capo dell’amministrazione pubblica stava un senatore che, dal 1358 in poi, era chiamato priore, indi conte, e finalmente rettore. Il popolino lo chiamava « knez », ossia principe. Egli rimaneva in carica un solo mese e, d’accordo con undici consiglieri, disbrigava gli affari di Stato più importanti. Doveva vivere nel palazzo dello Stato e non uscirne, se non per questioni d’ufficio. Oltre al rettore, v’era il Consiglio dei dieci con eguale sfera d’azione di quello di Venezia. Rappresentava la polizia interna, il controllo generale di tutto e di tutti. I cinque provveditori, eletti annualmente dal gremio dei Pregati, badavano all’osservanza più rigorosa dello statuto. Nessuna legge poteva essere modificata senza il voto di sette ottavi del Consiglio maggiore, e nessuna legge nuova poteva emanarsi senza una maggioranza di tre quarti dello stesso Consiglio. Tra i senatori più anziani, si eleggevano i tesorieri. A capo degli undici distretti amministrativi stavano conti, o rappresentanti. Essi soli erano salariati: le altre alte cariche pubbliche erano onorifiche. La popolazione era divisa in cinque caste : il clero — i nobili — i cittadini — gli operai, commercianti, marittimi, ecc. — i contadini. Tra la nobiltà e la plebe era un abisso. In modo speciale era desolante la condizione sociale dei contadini, i quali rappresentavano i servi della gleba ed erano « una cosa » dei loro padroni. E fra i nobili esistevano pure due categorie, ben marcate fra loro: i nobili di antico lignaggio erano chiamati « salamanchesi », dalla scuola di Salamanca, dove venivano educati; i “ sorbonesi », dalla Sorbona dove completavano la loro educazione, erano nobili di data più recente. Dopoché il terremoto del 1667 aveva as-