170 LA DALMAZIA ultimi loro anni, vivendo d’una pensione dello czar, assegnata loro dietro proposta dell’ammiraglio Sinjavin che aveva dirette le operazioni militari in Dalmazia contro i francesi. Lo Zovic portò seco in Eussia la cassetta delle leggi e dei privilegi. È possibile che la cassetta storica si conservi in qualche museo di Pietroburgo. Della nobiltà poglizzana non rimane traccia. Essi domandarono due volte al governo austriaco la riconferma dei loro titoli nobiliari. L’ultima volta, nel 1826, la commissione araldica di Venezia dichiarò immaginaria la nobiltà della Po-glizza « poiché parecchi erano li Comuni che al paro di que’ della Poglizza venivano retti da capi ereditari che portavano il titolo di Knes, ossia capo, impropriamente tradotto conte ». Senonchè, il più bel titolo nobiliare dei poglizzani moderni è la loro tempra gagliarda, la loro fibra d’acciaio. Ne ebbi una prova, recandomi alla cascata di Duare, come racconterò or ora. Le loro valli ubertose sono ridotte a modello della industria agricola. Col loro carattere fiero impongono a sè stessi certe norme patriarcali di cavalleria, ereditate con gli annali della loro bella storia. Formano un frammento di popolo, onde può inorgoglirsi la razza slava. Da Stobrez fino ad Almissa non un palmo di terra incolta. Notai una vigna piantata in piena sabbia, su terreno rubato al mare, e ne rimasi altamente sorpreso. Non profittai dell’ospitalità dei poglizzani, perchè non mi internai nel loro paese; ma, prima di arrivare in Almissa, mi fermai ad un casolare e chiesi, verso pagamento, un bicchiere del rinomato prosecco spumante che cresce appunto sulle loro colline. Difficile trovare un vino più generoso, più refrigerante, più soave. Il sole brillava su quelle convalli, e sul mare, terso come uno specchio, si rifletteva quella patria montana di eroi.