322 LA DALMAZIA Intanto la carrozza saliva sempre più tra le nuvole, in paraggi aridi, deserti, spaventevolmente sassosi. La strada serpeggia tra balze e vette che si raggruppano fantasticamente, tra cielo e macigni, dove vi sorprende di non incontrare ad ogni passo più numerosi gli avoltoi, i falchi, le aquile. Ma il panorama montano, cui i tedeschi caratterizzano stupendamente col loro wild-romantisch, non forma ancora l’oggetto della vostra contemplazione : essa è piuttosto tutta concentrata sull’orizzonte superbo che vi si dischiude da quell’altezza. Sotto di voi, Cattaro in miniatura, e tutti i paeselli graziosi del suo golfo, lungo le rive e sui colli: poi, i laghi, le insenature, le baie, i porti e le riviere fioritissime, con lo sfondo gigantesco dell’infinito mare. Tutto quel quadro delizioso vi sembra soffuso in una penombra di colori patetici, sentimentali: nessun rumore distrae l’incanto, nessuna voce giunge fino a voi. È la natura silenziosa che fa sfoggio di sè dinanzi al vostro spirito ipnotizzato, con le sue vesti più smaglianti. Un panorama magico a dirittura, con mille motivi sublimi che s’impongono all’ammirazione. Njegos è la stazione di confine, in vetta ad alto monte. Se volgete lo sguardo intorno, vedrete un monte più alto ancora, il Lovcen, dalle creste ricoperte da nevi perpetue. — Quel monte ci è sacro : in cima ad esso, riposa il nostro indimenticabile principe e poeta, il vladika Eade. Come il suo spirito volava nelle sfere più alte del sentimento nazionale e del patriotismo, volle che la sua salma riposasse sulla più alta vetta dei nostri monti. — È il vescovo Eade, il celebre autore del GorsJà Vijenac (il serto della montagna)? — Precisamente. E sai pure che la dinastia principesca dei Petrovich ebbe la sua culla in questo paese di Njegos, onde si chiamano Petrovich-Njegos.