132 LA DALMAZIA dell’arena ossia dell’anfiteatro romano. Ha forma elittica e proporzioni grandiose. Lo si attribuisce ad un’epoca posteriore al governo di Marco Aurelio, quando gli imperatori romani ritenevano opportuno di abbindolare il popolo da essi tiranneggiato con « pane e spettacoli ». Nel 990, un tal Pincio, cugino di Samuele il Crudele, re di Bulgaria, si rifugiò in Dalmazia e si stabilì a Spalato. Si vuole che questo egregio bisavolo dello Stambuloff abbia devastato l’arena, adoperandone il prezioso materiale di costruzione per erigere una chiesa, Ad ogni modo, ne vediamo ancora la pianta: era lunga 103 metri e larga 61 : il suo proscenio è ridotto presentemente ad un volgare campo di biada. Restano gli archi giganteschi dell’entrata, poi alcune logge verso sud e verso ovest. •— Gli archi verso sud conducevano alle tane dei leoni — mi spiega il cicerone, quasi rabbrividendo. Ancora un cimitero, sulla strada verso Traù, vicino alla stazione ferroviaria di Salona. Nel 1847 il Carrara vi scoperse un mausoleo in piena roccia, e però non profanato dai barbari. La porta di sasso — alta 50 centimetri, larga 45, e 10 ‘/a grossa — era chiusa da un chiavistello di bronzo che non si potè aprire. Ma si scoperse il mausoleo, togliendone gli strati superiori. Fu una sorpresa scientifica. Le pareti erano ricche di affreschi e di altorilievi e di genietti alati. Fra le ossa si rinvenne un solo orecchino d’oro. Più in là, in un altro mausoleo romano — a ridosso duna falda rocciosa — ridotto a cappella di San Caio, troverete un bellissimo altorilievo rappresentante quattro gesta di Ercole. E mentre scendete dal colle storico sulla strada che da Spalato lungo la riviera delle Castella conduce a Traù, vi si presentano ancora alcuni archi di un aquedotto romano,