SALONA 129 riva al mare, per dare asilo ad una parte dei suoi ultimi e desolati abitatori. La magione imperiale divenne una città, e la città madre un povero paesello. Ma la figlia non fu mai così potente come la genitrice, nè questa mai più riprese il suo posto nella storia del mondo. Per visitare le rovine memorabili, si seguono le tracce delle mura — grosse in certi punti otto metri, — ridotte ad ampio viale campestre. Intorno, il vostro sguardo spazia sur un colle coltivato a vigneti, a ortaglie, ad oliveti. Sotto il colle giace in frantumi una delle più belle glorie della Dalmazia romana, la Colonia Martia Julia Salonae. Precisamente sotto questo titolo, il Bulic pubblicò una monografia affascinante. Dalle sue indagini e da quelle d’altri studiosi del mondo romano, risulta che 88 torri — alcune quadrilatere, altre pentagone, — erette probabilmente da Diocleziano, completavano le fortificazioni della grande città. Pare eziandio che il bastione sia stato applicato per la prima volta a Salona. Del fosso di cinta e d’un secondo presunto ordine di mura al di là del fosso, non rimangono se non scarsissime tracce. Quattro porte aveva Salona : la porta Ande-tria verso Clissa, era la più importante ; la porta Capraria, verso il monte omonimo (Caprarius); la porta Suburbia, a nord-ovest, e la porta Cesarea, la più antica e la meglio conservata. La si ammira, nelle sue proporzioni gigantesche, in un angolo formato dalle mura nordiche, ove queste, scendendo verso sud per breve tratto, proseguono poi verso ovest. Ebbe il suo nome nell’ultima epoca del dominio romano. Era fiancheggiata da due torri ottagone e sopra di essa passava l’aquedotto. Doveva aver eziandio un ponte levatoio, poiché si vedono tuttora le tracce del rispettivo fosso. Si contempla a lungo quelle rovine eloquenti: esse vi parlano della gloria d’una città potente che aveva una pe-