280 LA DALMAZIA Però l’interesse principale le viene dalle sue forme rigorosamente architettoniche e dal confronto loro con quelle usate esternamente. Il cortile è assai piccolo e circondato da tutti i lati, tranne da quello occupato dalla grande scala aperta, da un’arcata che ne sostiene un’altra superiore. L’architettura è in tal modo migliore di quella della facciata, poiché vi sono due piani che armonizzano nello stesso stile, senza intrusione di elementi stranieri, come lo sono le finestre ad arco acuto della facciata. Però le arcate stesse, benché semplici e belle, non offrono la meravigliosa arditezza ed originalità del rango esterno. Se l’arcata del cortile fosse aperta, invece d’essere scioccamente chiusa da invetriate, questo disegno di due piani di vero romanesco più semplice, ma forse più classico dell’arcata esterna, formerebbe un disegno perfettamente armonioso e soddisfacente. A nostro modo di vedere, il palazzo merita un posto non insignificante nella storia dell’arte romanesca. Esso ci dimostra come ne continuasse fino a tarda epoca la tradizione genuina e quali prodotti l’arte italiana potesse ancora dare, dopoché era ritenuta già morta. Nondimeno, non dobbiamo parlare del palazzo ducale, come se questo fosse assolutamente unico fra gli edifizi della città. Vi è un altro edifizio civico che dobbiamo salutare come un frutto più rimarchevole dello stesso genio che creò il suo vicino maggiore. Questa è l’antica dogana, oggidì sede delle autorità di finanza austriache. Qui abbiamo un’arcata di cinque archi, con colonne coronate da capitelli, compositi nella forma generale, ma che prue non seguono servilmente i precedenti tecnici, e con un abaco pesante, il quale, come il soffitto dell’arco rotondo, è adorno di lavori a fogliame, È qualchecosa di affatto diverso dal romanesco normanno, ma assolutamente identico nel principio. Quivi abbiamo la colonna e l’arco rotondo nella loro purezza e la parte dtco-