372 LA DALMAZIA del dominio veneto, e ricordano con vanto che i veneti, aiutati dai morlacchi, liberarono — 200 anni fa — il paese dal dominio della mezzaluna. Ma, in quelle borgate, la Serenissima lasciò poche traccie del suo dominio: non trovai che un solo leone di San Marco sull’edifizio che serve ora di carcere; e sull’architrave dell’attuale caserma austriaca dei cacciatori a cavallo lessi questa scritta: A fundamentis creda, Paulo Boldu provisor generalis. Passeggiando sulla piazza principale — di cui un lato intero è occupato dalla chiesa e dal convento dei frati francescani, con annesso ginnasio — un amico mi avverte che i frati, nel loro vicino possesso di Citluk, avevano eseguito importantissimi scavi, rinvenendo molti oggetti romani, preziosi all’archeologia e alla storia. Non dovevo, dunque, trascurare di farmi amico di quei religiosi. Bastò tanto, e il giorno appresso picchiai alla porta del padre guardiano, mi presentai e n’ebbi festosissima accoglienza. Mi volle assolutamente suo ospite, e, poche ore dopo, ero amico intimo di tutta quella famiglia religiosa. Ne serberò perenne memoria : furono per me due giorni di continuo svago intellettuale. Certo, i cortesi frati avevano congiurato a ricolmarmi d’attenzioni. — Come avete acquistato Citluk? — chiesi al padre Mar-kovic, uno storico insigne. — Fu nel 1687 che i frati del convento di Bama, in Bosnia, si rifugiarono, seguiti da molte famiglie, in questi paraggi, sotto le ali del leone veneto. Prima di quell’epoca Sinj era una semplice fortezza, o castello fortificato, abitato da soli soldati. Nel 1691 la repubblica veneta regalò ai nostri frati la tenuta di Citluk ch’era appartenuta ai beg turchi Jusuf Stermich e Sultanovich. Nella Icula, casa turca, del beg Sultanovich s’installarono. alcuni frati, fra i quali il