74 LA DALMAZIA di Zara, che si reca a visitare alcune parrocchie della sua giurisdizione. Rivediamo il « porto d’oro » con le sue adiacenze ricoperte di vigneti, di oliveti, di cupe e verdi macchie. Vista dal mare, quella zona ridente ricorda Abbazia con tutte le sue delizie climatiche. In fondo, il castello fantastico del Valaresso sorge in mezzo al mare: a destra, sugli scogli, un paesaggio insulare nelle sue più svariate trasparenze. Un ricco possidente dalmato mi si avvicina e, cogliendo occasione dalla presenza a bordo del su lodato prelato, intavola meco un discorso sulla lotta religiosa tra cattolici e greco-ortodossi. — Spero che non divamperà! — mi affretto ad esclamare. — Io pure lo spero. Del resto, quel tratto di diffidenza e d’intolleranza che si rimprovera ai comprovinciali greci, *è dovuto al grado d’inferiorità sociale in cui erano tenuti fino a trentanni fa, Io ricordo quando « greco » era sinonimo di « eretico », di « scomunicato », di « abbominevole ». Ora, se bene i moderni concetti di civiltà abbiano appianato la voragine che li divideva da noi, essi diffidano ancora, e specialmente nella vecchia generazione è forte il ricordo delle ingiustizie non ancora cancellate dall’evoluzione liberale dei nostri giorni. — Tal quale come gli ebrei... — Certamente. E soltanto una serie d’anni e le attestazioni più affettuose per parte dei cattolici ridaranno ad essi la fiducia in sè, nei diritti d’equiparazione. Allora non saranno nè diffidenti, nè intolleranti. Ciò sia detto sulle generali, poiché il dr. Milas, nostro compagno di viaggio, per esempio, è l’uomo più tollerante, più liberale, più aperto che si possa immaginare. Il piroscafo lloydiano prosegue la sua rotta. Si distinguono