460 LA DALMAZIA Per mia iniziativa, a un tale capolavoro si assegnò, nella chiesa, un posto d’onore, alla portata dell’occhio, con qualche muta protesta di san Pasquale e di altri santi che dovettero mutare il loro vecchio posto, in omaggio al protettore della famiglia religiosa. Salutai pure, sur un altare laterale, una copia perfetta della stupenda Mater dolorosa di Ervaze, presso Sinj, nostra conoscenza. Nel pomeriggio si fece una gran gita a Dubra vizza, per visitare una cava recente di carbon fossile, di proprietà privata. Sbarcatici sulla riva occidentale del lago superbo, cominciò un’ascesa abbastanza faticosa, lungo il letto asciutto di un torrente. Giunti ad un altipiano ondulato con numerose convalli floridissime, ci si presentò Dubravizza, paesello animato molto. Mi sembrava d’esplorare un mondo nuovo, giacche, vivendo a Yissovaz, non comprendevo che, al di là dei colli circostanti, esistessero villaggi e paesi... Erano della partita tutti i religiosi, i novizi, due ospiti del convento — un calafato di Zlarin e il vecchio legatore di libri di Scardona — e fra Ylade, giovane parroco di Dubravizza, il prediletto del padre Daniele che gli fu mestar, ossia direttore, durante l’anno di noviziato. Si piombò in casa di fra Ylade, come uno stormo di cavallette affamate. Gloria e onore all’anfitrione : era notte avanzata e noi s’era ancora a tavola, all’aperto, discorrendo della Dalmazia e della patria, brindando ai corifei del risorgimento dalmato ed inneggiando al grande principio nazionale del nostro secolo. In pieno ordine, tutti se n’andarono, ed io rimasi a dormire in casa di fra Ylade, per ammirare, all’alba seguente il panorama dei dintorni. Il sole appena spuntato mi trovò già vestito. Attraversando un’altura abbastanza rocciosa, ci fermammo, fra Vlade ed io, ad un paesello sepolto in una valle, Ciulisic, luogo nativo del padre Daniele. Poco dopo,