298 LA DALMAZIA nè la vostra esistenza abbastanza piacevole, durante il dominio ottomano... — No, certo. Questo convento venne incendiato dai turchi per lo meno venti volte, e più volte i religiosi furono costretti di rifuggiarsi tra i monti. — Pure siete stati apertamente gli iniziatori dell’ultima insurrezione? — Abbiamo fatto ciò che s’è potuto... — Avete fatto moltissimo, dite!... — Si, coll’aiuto di Dio e della sua Madre beatissima. — Come s’è comportato il popolo? — Signore, ogni erzegovese è un eroe degno d’un monumento! — Lo sapevo già... — Impossibile immaginarsi il suo ardore irresistibile nella lotta, la sua fibra d’acciaiò, il suo sangue freddo con cui affronta tutte le peripezie d’un’insurrezione. Quando lotta per la sua fede e per la sua libertà, gli sembra d’esser invulnerabile. Intanto, il mio magro bucefalo pascolava freneticamente nei dintorni del monastero. Non gli sembrava vero che gli avessi concesso un’ora di riposo sur un verde prato. E quando rimontai in sella, tentò una piroetta fuori programma che gli riesci abbastanza elegantemente, con mia somma sorpresa. I religiosi mi accompagnarono un bel tratto a piedi e, congedandosi meco, mi raccomandarono alla protezione di tutti i santi del paradiso.. Così, a volo di libellula, abbiamo ammirato i dintorni della vetusta città protetta da san Biagio. Essa sola meriterebbe un grosso volume illustrativo, così vasta è la sua storia, così insigne il suo posto nelle evoluzioni sociali, civili, politiche di Dalmazia. Ci rimane ancora da visitare le sue isole storiche, quelle che ne fiancheggiano la riviera occidentale: Ca-