324 LÀ DALMAZIA trarsi nel fascino di quell’orgia romantica, di quella ridda infernale degli elementi. Ci volle tutta la destrezza del nostro cocchiere per impedire che i cavalli si adombrassero, e per arrivare a Cettigne ' verso le ore 10, sani e salvi, ma bagnati fin nel midollo delle ossa. Ed io che, durante l’uragano, ritenevo che, arrivato nella capitale del Montenegro, non avrei trovato nè una stanza decente nè una cena modesta, dovetti con gratissima sorpresa ricredermi : nell’unico, sì, ma superbo albergo di Cettigne, mi attendeva al primo piano una stanza ben calda, dove in pochi istanti potei mutare vestiti e dimenticare l’uragano e il bagno ; e al pianoterra, in un ampio salone riscaldato, trovai una table d’hôte così ricca e così saporita, che mi fece ricordare le peripezie del viaggio unicamente per raccontarne i dettagli, scherzando, ai miei commensali. Manco a dirlo, dormii saporitamente, a malgrado delle tregende, dei bombarda-menti altotonanti, della presa di Plevna, onde sognai tutta la notte. Di mattina, affacciatomi alla finestra, mi si presentò la vasta campagna di Cettigne ricoperta da uno strato uniforme di neve, scintillante ai raggi solari. Così pure biancheggiavano le creste dei monti, e in un istante abbracciai la topografia di quella piccola capitale balcanica. Situata alle falde di un monte roccioso, ha una sola via principale, limitata ad oriente dall’albergo, con parecchie vie laterali : circa cen-cinquanta case, non tutte di aspetto europeo, albergano un paio di migliaia d’abitanti. Si può girare per il paese senza la scorta d’una guida. Uscii dall'albergo, dopo d’aver preso un eccellente caffè, e mi misi a girare, domandando informazioni e notizie al primo capitato. A metà della via principale, a sinistra, s’apre una piccola piazza non selciata, che forma il centro di Cettigne. La fiancheggiano parecchie casine eie-