90 La foresta Ulìta. Signore! Scusatemi, ve ne prego! Fortunato. A che mi servono le tue scuse! Andate al diavolo voi e la vostra tenuta! Io me ne scappo via. Siate maledetti ! (Ulìta scappa). Me ne andrei subito ma ho paura; c’è una quantità di cani nel paese. Gente maledetta! Loro stessi non hanno da mangiare e tengono tanti cani. E poi ho paura di andare solo per la foresta. Bisognerà pernottare nel pergolato; bisogna andarci, ma sono rimasti la biblioteca ed il rosolio. E come faccio ad andarci? Egli non dorme ancora, mi leggerà un tale monologo! Non si sa mai, si può volar fuori dalla finestra anche peggio di Pidler. Me ne andrò a girare un poco per il giardino, spezzerò tutte le dalie, mi sentirò più sollevato. (Esce. Pietro timidamente nascondendosi, avanza nell’ombra dei cespugli e si guarda attorno). Scena quinta. Pietro, poi Aksjùscia PIETRO. A quanto pare, in casa sono andati a letto tutti quanti. Soltanto quel disgraziato va ancora in giro. Ma per lui basta sacrificare un mezzo rublo d’argento, egli venderebbe certo anche suo padre. La notte è tanto chiara, forse Aksjùscia non uscirà affatto, per paura, che la vedano. Ma è tanto necessario ! Per l’ultima volta ci saremmo visti, e tutto è finito. Ah, vita di schiavo! Il cuore trema, come la coda di una pecora, e non posso farci niente ! Non posso dominarmi: le gambe e le braccia tremano!