\ Atto terzo 55 Sfortunato, vestito molto decentemente, con un cappello nero a cilindro, e Fortunato coll’abito di prima). Scena terza Sfortunato, Fortunato Sfortunato. Arkadij, mia zia è una donna rispettabile, severa; io non voglio, amico, ch’ella sappia ch’io sono un attore, e per di più provinciale. (Gesto di minaccia col dito). Attento, che non ti scappi di bocca; io sono Ghennàdij Demjànic Gurinyiskij, capitano a riposo o maggiore, come ti piace meglio; in una parola io sono il padrone e tu il servitore. Fortunato. Come servitore? Sfortunato. Così, semplicemente, un servitore, ecco tutto. Io non posso mica portarti nel salotto! Come ti presenterei alla zia? Ella è una donna pia,— in casa, fratello mio, regna il silenzio, la modestia— e ad un tratto tu, figurati — con la tua fisonomía. Invece, a fare il servitore col tuo muso va benissimo. Fortunato. Questo, poi, scusate ! Questo non si sa ancora. Sfortunato. Che cosa non si sa? Fortunato. Quanto al muso. SFORTUNATO. Di questo, fratello Arkadij, non dubitare. Fortunato. Si, davvero! Sfortunato. Davvero, ti dico io! Che vuoi di più? Ti daranno da mangiare bene, servirai soltanto me.